La crisi ha esiti fatalmente negativi sulla società nel suo complesso. Contribuisce ad aumentare la disuguaglianza sociale ed è causa determinante di devastanti tragedie individuali. La rovina economica, la perdita del lavoro, gli inevitabili problemi familiari, lo stress che ne consegue non sono facilmente sopportabili, e spesso sono accompagnati da uno stato di profonda depressione, di disagio sociale e di emarginazione.
Così nell’Europa del terzo millennio, sconvolta dalla peggior crisi economica dopo quella del ’29, sono tornati a manifestarsi casi di suicidio: forme estreme di disperazione che risaltano in un quadro più ampio di vite disastrate, impoverite, ridotte in miseria e dunque costrette ad affrontare lo stress di una condizione ingiusta, insopportabile e priva di speranza. La disuguaglianza, già presente in forma strisciante, e perciò meno appariscente, in tempi “normali”, si fa eclatante e disumana a partire dal 2008 nei paesi più deboli della Comunità Europea. Taglia in due la popolazione, dividendola con una cesura netta, tra chi ce la fa e chi non ce la fa. Tra chi riesce a superarla, sia pure a costo di sacrifici e rinunce, e chi soccombe, travolto dalle conseguenze economiche, che non si limitano a cancellare posti di lavoro, consumi, qualità della vita, ma hanno gravi ripercussioni sull’esistenza stessa delle persone e determinano la loro aspettativa di vita.
Solo di recente si sono cominciati a studiare gli effetti collaterali della crisi sulla vita delle persone, soprattutto nei casi in cui le condizioni di emergenza si protraggono per lunga durata e determinano mutamenti persistenti, tali da non essere riassorbibili in tempi adeguati.
Il libro di Göran Therborn (The Killing Fields of Inequality, Polity Press, 2013), già docente di sociologia a Cambridge, colma questa lacuna con una ricerca empirica di grande impatto: “La mancanza di rispetto e di controllo delle vostre vite e delle condizioni di lavoro è letale per la vostra salute e aumenta il rischio di una morte prematura” (p. 82). Therborn, in una recente conferenza al Jean Monnet di Firenze, conferma l’incidenza della disoccupazione e della depressione economica sulle aspettative della vita media, prevedendo che almeno il 2,47% delle persone ne subirà le conseguenze entro i prossimi 10-17 anni, il che significa che interesserà oltre 230.000 cittadini della Comunità Europea.
Questo il prezzo della crisi: quasi una guerra, un sacrificio umano consumato sull’altare della grande finanza e dell’insensibilità.