A fine agosto del 2013 il sindaco, sicuramente preoccupato per la loro condizione, emana un’ordinanza cittadina con “multe fino a 200 euro per chi si atteggia o si veste da squillo”. Alle prostitute è inoltre proibito “negoziare, concordare prestazioni sessuali a pagamento, intrattenersi con soggetti che, per l’atteggiamento, l’abbigliamento ovvero per le modalità comportamentali, manifestano l’intenzione di esercitare l’attività consistente in prestazioni sessuali”.
Vietato invece per i clienti “fermare il veicolo in cui si è a bordo al fine di contattare il soggetto dedito alla prostituzione e consentirne la salita”. A parte la multa si parla anche di “sequestro cautelare delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione o che ne sono il prodotto” (inclusi dildi e vibratori?), e si parla anche di “allontanamento dal territorio in caso di reiterazione del comportamento scorretto.”
Tenete conto del fatto che la prostituzione non è reato. Non è reato acquistare o vendere servizi sessuali. Secondo la Legge Merlin è reato lo sfruttamento, l’induzione e il favoreggiamento. Con l’ordinanza, invece, seguendo lo stesso copione all’insegna del rispetto per il decoro che è stato replicato in molte città italiane, in qualche modo si ricorre alla tutela della morale pubblica, fino a rintracciare perfino una ragione utile a cacciare via dalla città le rumene che sono europee tanto quanto noi. Da ricordare che già nel 2011 a Porto Sant’Elpidio si parlò di una ordinanza che adoperava pressappoco lo stesso metro di giudizio. Le sex workers fecero ricorso al Tar e il Tar, però, respinse quel ricorso. Da lì in poi si moltiplicano le notizie di retate anti/sfruttamento e quelle sanzionatorie che beccano prostitute e clienti.
Il Corriere Adriatico tiene puntuale traccia di queste notizie così come racconta che Porto Sant’Elpidio sarebbe addirittura “circondato”, in balìa di forze oscure che orientano i cittadini al di là della perversione. Quanto fatto non basta e allora il Sindaco provvede a fin di bene e a modo suo.
Dopo blitz e allontanamenti a cura delle forze dell’ordine ecco la Porto Sant’Elpidio “sicura” e stramonitorata attraverso telecamere e congegni d’ogni tipo, in più si parla di una indagine che doveva riguardare gli affittuari, rei di favoreggiamento, perché la lotta contro il fenomeno della prostituzione non conosce pause.
Le prostitute, perciò, non possono stare in strada e neppure in affitto. Altre decisioni del genere hanno ottenuto l’effetto di marginalizzare le prostitute, specie se migranti, al punto da obbligarle a restare in clandestinità, nascoste, in periferia e ancora più sovraesposte al possibile sfruttamento.
Il sindaco però è per la linea dura e annuncia su facebook che saranno resi noti i nomi degli affittuari e allo stesso tempo, mentre informa la cittadinanza delle numerose multe inflitte a clienti e prostitute, avverte che le multe a carico delle donne saranno recapitate direttamente ai genitori delle stesse affinché ne siano informati. Non basta. La stampa locale comunica dell’esistenza di un Dottor X che sembrerebbe essere a capo dello sfruttamento delle prostitute, le prostitute offrono sesso gratis alle forze dell’ordine per sfuggire alle retate e in Consiglio Comunale viene discussa e approvata una mozione presentata dal capogruppo di Fratelli d’Italia Andrea Putzu “per regolamentare la prostituzione”.
La proposta parla di riapertura di case chiuse e viene discussa in un contesto in cui l’area Pd vorrebbe “vietare la prostituzione” e la destra invece vorrebbe che le prostitute pagassero le tasse. Pia Covre, presidente del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute così commenta la notizia: “Questi sindaci del Pd che continuano a fare i moralisti pensando di vietare la vendita e l’acquisto di servizi sessuali ci lasceranno in mano alle destre conservatrici che non si occupano dei nostri diritti. Rinchiuderci nelle case e chiederci soldi in assenza di un riconoscimento di diritti non corrisponde alla nostra idea”.
La richiesta delle sex workers è in effetti un’altra. Chiedono la regolarizzazione ma vorrebbero anche fosse legale la possibilità di organizzarsi in modo autonomo e senza dover essere sfruttate da nessuno. Chiedo: perché mai prima di decidere sulla pelle delle sex workers nessuno pensa mai di considerarle soggetti in grado di scegliere, intendere e volere, così da consultarle? In fondo si parla della loro vita e non di un modo per sbarazzarci di qualcosa che disturba la nostra morale e la nostra vista. O no?