Nonostante il sofferto voto del referendum online, il M5S potrebbe finire lo stesso nei non iscritti al Parlamento europeo visto che all'Efd mancano all'appello due partiti nazionali: ce ne vogliono almeno sette per fare gruppo. Farage è ottimista, ma intanto si prepara a trasferirsi a Westminster dopo le elezioni del 2015. Corrao (M5S): “In questo caso dovremmo rivalutare”
Il voto nel referendum online per scegliere le future alleanze del M5S in Europa potrebbe non salvare i 17 eurodeputati pentastellati dal limbo dei non iscritti al Parlamento europeo. Sì perché per formare, o confermare, un gruppo politico ci vogliono almeno 25 deputati da almeno sette Paesi Ue. L’Ukip da sola di seggi ne ha già 24 ma ad oggi mancano due Paesi per raggiungere la soglia minima. Le regole del referendum M5S erano chiare: se non va in porto l’opzione vincitrice (Efd) si passa alla seconda, appunto i non iscritti, una scelta che potrebbe essere obbligata anche vista l’assenza di alternative. Il tempo stringe: la data ultima per la formazione di nuovi schieramenti è il 24 giugno e le prossime mosse saranno decisive.
Il gruppo Europe of Freedom and Democracy (Efd) conta ad oggi cinque Paesi Ue: l’Ukip, il lituano Tvarka ir teisingumas, il ceco Strana svobodných občanů, l’olandese SGP e, appunto, l’italiano M5S. Nelle scorse settimane il gruppo ha subìto gli abbandoni dei finlandesi del The Finns party e dei danesi del Dansk Folkeparti. Com’è noto, la Lega Nord ha optato per il gruppo nazionalista ed euroscettico di Marin Le Pen già nei mesi scorsi – un gruppo che tra l’altro non ha ancora i numeri per formarsi. Sempre nei giorni scorsi sembravano pronti di andarsene anche i lituani, che però nelle scorse ore hanno ufficializzato il loro desiderio di restare.
Farage si dice ottimista: “Il risultato del referendum del Movimento 5 stelle ci fa ben sperare. E’ un forte incentivo a unirsi a noi per altre delegazioni”. Un bottino di 17 deputati, infatti, costituisce per l’Efd un bell’effetto catalizzatore nei confronti di tutta una serie di indecisi che nei giorni scorsi si sono guardati attorno e diretti verso lidi più sicuri, come il gruppo dei Conservatorgi (Ecr) dei tories inglesi, che ha accolto i danesi e finlandesi ex Efd e ha fatto acquisti anche nel resto d’Europa, ad esempio con i neo eletti del partito no Euro tedesco AfD. Fonti Ukip parlano di negoziazioni in corso con altre 5 delegazioni nazionali, ma fino alla settimana prossima è mantenuto il massimo riserbo.
Il paradosso è che lo stesso Farage si starebbe preparando a fare le valigie e a lasciare Bruxelles in caso di elezione l’anno prossimo alla House of Commons. Lo ha fatto capire lui stesso in questi giorni, affermando che qualora lui o altri “senior Ukip members” avessero la possibilità di trasferirsi a Westminster verrebbero sostituiti in Europa dai primi non eletti. Questo perché, dopo l’exploi delle europee, l’Ukip si aspetta di ottenere almeno 5-6 seggi alle elezioni del maggio 2015. Non a caso non è più Farage il capo delegazione dell’Ukip al Parlamento europeo, bensì il settantenne Roger Helmer, un passaggio di consegne che sembra proprio preparare il terreno al trasloco di Farage da Bruxelles a Londra.
Insomma per i 5 stelle il paradosso è che “il naso turato” di molti che hanno votato a favore de “l’alleanza tattica” con l’Ukip, alla fine non serva ad evitare la caduta libera nei “non iscritti”. Questo non solo perché non stringere alleanze rappresenta la seconda opzione del referendum online, ma perché è possibile che il M5S non trovi più porte aperte dopo aver cercato di far gruppo con gli euroscettici di Farage. Il capo delegazione M5S, Ignazio Corrao, mette le mani avanti: “In questo caso bisognerà valutare di nuovo, ma sono sicuro che ce la faremo”.
Ma cosa vuol dire finire nei non iscritti? In parole povere vuol dire non avere alcun peso nel processo legislativo europeo visto che si finisce fuori dal cosiddetto “sistema d’Hondt” con il quale vengono distribuite tutte le presidenze e vice presidenze delle commissioni parlamentari, i dossier legislativi e non, la possibilità di assumere personale qualificato, ad esempio policy advisor, e perfino determinati finanziamenti. Non è un caso, infatti, se partiti euroscettici come il Front National e il PVV di Geert Wilders – formazioni poco interessate al processo legislativo europeo in quanto contrari all’Ue stessa – stiano cercando di uscire da questo limbo e di formare un gruppo politico, euroscettico ma pur sempre un gruppo.