E' partita da Bologna l'iniziativa di Lega Serie A, Uisp, ministero del Lavoro, Aic e Sky che porte nelle scuole le vite di grandi atleti del calcio con l'obiettivo di sensibilizzare sul tema discriminazioni. A finanziare l'idea sono anche le multe commissionate alle società sportive per comportamenti razzisti
Il mondo del calcio e dello sport, in maniera trasversale e unitaria, fa squadra contro il razzismo, a favore della tolleranza e dell’integrazione. Il Calciastorie, questo il nome del progetto nazionale, ha l’obiettivo di sensibilizzare le giovani generazioni alla cultura del rispetto attraverso il racconto di storie e personaggi che hanno scritto pagine, spesso dimenticate ma meritorie, negli annali calcistici. Il Calciastorie nasce dalla collaborazione tra Lega Serie A, Uisp, Ministero del Lavoro, Aic e Sky. Partner del progetto sono le scuole secondarie di primo e secondo grado nelle città che hanno una squadra militante nella massima serie. I racconti che Il Calciastorie porterà nelle scuole sono diversi, ma tutti ugualmente importanti e formativi.
I fondi per sostenere l’iniziativa provengono naturalmente da sponsor, ma anche – e questo è sicuramente più funzionale – dalle sanzioni per comportamenti razzisti commissionate alle società sportive. Il progetto, partito da Bologna, è ambizioso: si prevede di coinvolgere direttamente tra i 600 e gli 800 adolescenti in tutta la penisola. Le squadre di Serie A, ma anche le Primavera, forniranno testimonial. I momenti di incontro saranno suddivisi in quattro step da circa due ore ciascuno; si darà un quadro del contesto migratorio, del razzismo nel mondo del calcio, della capacità e della funzione sociale che il calcio possiede, in quanto veicolo di integrazione. Si cercherà di fornire sia una conoscenza generale delle problematiche legate alla discriminazione sia specifica. Attraverso laboratori, condotti da operatori Uisp, gli adolescenti verranno stimolati a creare contenuti originali. L’idea è, poi, di utilizzare questi contenuti per imbastire una campagna pubblicitaria contro il razzismo.
Tra le storie raccontate c’è quella di Árpád Weisz che oggi possiamo raccontare grazie alla perizia storiografica di Matteo Marani che ha saputo ricostruirne la tragica parabola nel libro Dallo scudetto ad Auschwitz. Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo. Weisz, ungherese ma di fatto bolognese, è stato un grande allenatore (uno scudetto con l’Ambrosiana e due con il Bologna) di cui, all’apice del successo, improvvisamente si perdono le tracce. Marani riempi questo vuoto, raccontando come la promulgazione delle leggi razziali condannerà Weisz e la sua famiglia ad un calvario che terminerà tragicamente ad Auschwitz.
Nelle scuole verranno raccontate anche le vite di Robert Luis La Paz e Jarbas Faustinho Cané. La Paz debutta in Serie A, nelle fila del Napoli, il 16 novembre del 1947; di origine uruguaiana è il primo calciatore di colore a calcare l’erba della massima serie. La stampa non lo tratta coi guanti e passa al vaglio tutto lo spettro degli epiteti razzisti, dal più estremo “negro” fino al più politico “mulatto” non mancando di descrivere il suo incedere con un “movenze da negretto” (così si legge in un articolo della “Gazzetta dello sport”). Se la stampa non ci va leggera i tifosi chiederanno a gran voce il suo impiego, e – almeno all’inizio – tra la tifoseria partenopea e l’uruguaiano correrà un buon feeling. Napoli è anche la città del primo allenatore di colore: Canè arriva, per volontà del Presidente Lauro, come giocatore nel 1962 e sarà allenatore nella stagione 1994/95, in coppia con il direttore tecnico, il recentemente scomparso Vujadin Boskov.
Agli alunni si parlerà anche di apartheid, prendendo come spunto la storia di Edwin Ronald Firmani, calciatore bianco nato in Sud Africa ed unico calciatore straniero a segnare nel derby della Lanterna sia con la maglia blucerchiata che con quella genoana. Una vita particolare quella di Firmani, quando nel 1955 viene acquistato dalla Sampdoria il governo sudafricano, più che farli espatriare, i bianchi cerca di farli entrare nel paese per aumentarne il numero rispetto ai nativi. L’immigrazione come fenomeno che interessa ogni individuo verrà guardata anche attraverso gli occhi di Egisto Pandolfini: per i mondiali del 1950, si imbarcò su una nave che, oltre ai suoi compagni di nazionale, portava in Brasile numerosissimi italiani decisi a risollevare le sorti delle loro esistenze.