Carlo Figà Talamanca, ingegnere gestionale di 36 anni, ha rilevato coi suoi risparmi un'azienda che produce carbonella ecologica a Phnom Penh. Dà lavoro a 24 persone cambogiane, tutti ex raccoglitori abusivi di rifiuti, a cui offre il 20 per cento di stipendio in più rispetto alla media nazionale e la tredicesima. Ma nel contratto c'è un clausola sulla quale non transige: "Devono istruire i loro bambini"
Ha rilevato – “con soldi tutti miei, sudati e guadagnati”, spiega – un’azienda in Cambogia che produce carbonella da abitazione e da ristorante usando gusci delle noci di cocco e altri prodotti vegetali. E ora paga quei suoi 24 operai – tutti cambogiani ed ex raccoglitori abusivi di rifiuti – il 20% in più dello stipendio medio del paese asiatico. Obbligandoli, per contratto, a firmare una clausola: “Mi devono promettere che si impegneranno a mandare i figli a scuola. In quel paese la situazione dell’educazione è allo sfascio, non c’è più un senso di società, e i maestri pretendono dei pagamenti extra dalle famiglie, oltre allo stipendio, chiaramente povero, che già prendono: altrimenti si rifiutano di dare il loro insegnamento ai bambini”. Carlo Figà Talamanca, romano di 36 anni con cognome siciliano, è arrivato a Phnom Penh dopo le solite delusioni italiane, “gli ostacoli dovuti ai baroni universitari” e “la frustrazione per la mancanza di intraprendenza tutta nostrana”, ma anche dopo un anno sabbatico in giro per il mondo, alcune esperienze lavorative americane e diversi lavori provati. “Ho fatto persino il cuoco in Nicaragua, prima di approdare in Cambogia. E io che, prima di allora ero salito solo sul Monte Mario a Roma, ho trovato le forze per scalare un vulcano in Cile e una montagna di 6mila metri in Bolivia”.
L’idea, però, non è stata sua. “Dopo diverse esperienze di ogni tipo in Cambogia, da ingegnere gestionale laureato a Tor Vergata nel 2003, ero riuscito a entrare in contatto con le università cambogiane, iniziando a collaborare con loro”. Da qui, conosce il personale di una organizzazione governativa che aveva lanciato il progetto della carbonella ecologica senza successo. “Mi propongono di risollevare l’azienda, me la offrono praticamente a costo zero.
Dopo la laurea – e durante gli studi aveva già fatto degli stage – gli viene proposta l’America, per rilanciare – era il 2007 e se ne parlava ancora pochissimo – un progetto di cloud computing. Poi ebbe l’idea di tornare in Italia e di aprire una startup. “Avevo bisogno di maestranze universitarie, ma molti ‘baroni’ degli atenei (evita di dire di quali istituti, nonostante la domanda, ndr) iniziarono a mettere tanti paletti. Mi volevano obbligare ad assumere figli e nipoti come soci, mi dicevano che agendo di testa mia mi stavo facendo dei nemici. Sono così scappato dall’Italia e sono approdato a Los Angeles, non sono riuscito a trovare finanziamenti per un’altra idea. Esausto da tutte queste vicende, passo il confine e inizio a viaggiare, usando quei soldi che avevo messo da parte”.