“La guerra cominciò durante l’ora di storia dell’arte. Entrò nella nostra classe verso le otto di quella tetra mattina, era un po’ nervosa e le mani le tremavano leggermente. Aveva le sembianze del preside del nostro liceo Stanko Rubic e disse così: ‘Cari studenti, a giudicare da tutti i sintomi, la guerra è cominciata anche da noi.’ (…) E nei banchi non ci tornammo fino all’inizio del nuovo anno scolastico e io lo ricorderò sempre come l’unico anno della mia carriera scolastica in cui non venni rimandato in matematica. Da ciò si potrebbe dedurre che una guerra può portare anche qualcosa di buono.“
Questa feroce e grottesca parodia della “rinascita croata” degli anni novanta inizia il 14 luglio del 1991 quando in una città dell’Erzegovina giunge una Mercedes bianca con targa tedesca. Scende un lunatico e rancoroso Gastarbeiter che fa ritorno al luogo natio dove smarrisce subito il gatto nero a cui è morbosamente legato. L’intera cittadinanza, allettata dalla promessa di una lauta ricompensa, è coinvolta nella folle ricerca del felino, emanazione infernale di bulgakoviana memoria, attorno alla quale si scatena una ridda di episodi esilaranti e tragici al tempo stesso. Ma a sovvertire il precario equilibrio della piccola comunità, già dilaniata da acredini e invidie intestine, non concorrono soltanto il gatto Bonny e i venti di una guerra fratricida, con le sue esecuzioni sommarie, le deportazioni, le fughe precipitose, i vaneggiamenti nazionalistici e il venire alla ribalta di nuova generazione di “patrioti” a cui vengono affidate le mirabili quanto fragili sorti future. Sarà un innocuo, disperato trastullo (una giostra che gira senza interruzione sulla piazza) a segnare l’irruzione dell’assurdo, ovvero la clamorosa assenza di significato della Storia, nel suo stesso ripetersi all’infinito.
Si tratta di “Cirkus Columbia“, romanzo, bellissimo, gustosamente balcanico, di Ivica Djikić, trentenne giornalista e scrittore croato,una delle voci nuove e più originali della letteratura della ex Jugoslavia, pubblicato in Italia da Zandonai Editore e tradotto da Silvio Ferrari.
Le trovate di Djikić per spiegare l’emergere di una identità nazionale molto discutibile sono spassose ma anche crudeli. L’ampliamento della fabbrica di viti voluto dal Comune, per esempio, è il pretesto che il matto del villaggio, improvvisamente ascoltato da tutti, utilizza per spiegare come i serbi vogliano annullare l’identità croata:
“Vogliono che tutto il popolo croato scompaia, vogliono soffocare e sterminare noi croati, ed estirpare la nostra stessa semenza. Voi sapete bene chi è il direttore delle Poste qui da noi. Un serbo. E chi è che dirige i Grandi Magazzini? Un serbo. Chi è il capo della polizia? Un serbo (…) Di croati, fratelli, non ce n’è nemmeno uno, mentre noi invece siamo la maggioranza. La colpa di tutto questo è dei comunisti e di quelli del Comune che vogliono farci sparire (…) Se davvero costoro vorranno davvero attuare questo piano, noi saremo pronti a tutto e dovranno guardarsi bene dalle nostre reazioni.“
Romanzo corale, in qualcosa ricorda Ivo Andrić,“Cirkus Columbia” gira vorticosamente tra le esistenze di questi cittadini, macchiette quasi endemiche. Tra queste il quindicenne Janko Ivanda, che annota i cambiamenti sul suo diario, e nota come in città ci siano facce nuove arrivate dai villaggi circostanti che trasformano la città in un luogo di esasperazione patriottica, paranoica e insensata. Nella sua ingenua adolescenza afferma che “Fino ad allora nessuno mi aveva mai detto che qualcuno fosse serbo. Nessuno mi aveva mai detto che qualcuno fosse musulmano o albanese o zingaro (…) eravamo in tutto e per tutto uguali: parlavamo tutti la stessa lingua, ci vestivamo alla stessa maniera, le nostre madri ci preparavano gli stessi cibi e gli stessi dolci, le stesse identiche cose.“
Altro personaggio indimenticabile è il sindaco Leon Dilber, che non si rassegna alla sua identità jugoslava, che ama solo Tito e sua figlia. Sindaco isolato, aggredito da uomini incappucciati, che finirà i suoi giorni nell’isolamento più totale.
Poi c’è Martin, che scappa perché ha messo incinta la nuova moglie del padre e perché vuole lasciarsi alle spalle la comunità con cui è cresciuto, ormai alienata e fagocitata nel sentimento generale di imbecillità dominante, sapendo che anche una volta che tutto sarà di nuovo a posto in Erzegovina la paura dentro di lui sarà sempre presente.
La guerra all’inizio è una novità, la gente si incontra nelle cantine per pranzi collettivi pantagruelici dove si parla di politica e azioni militari, i giovani si armano, scorrono alcolici a fiumi, ma poi la guerra diventa noiosa, succedono sempre le stesse cose, cambiano solo i nomi dei morti. Non rimane che andarsene a Zagabria e provare a lasciarsi tutto alle spalle:
“Occupo una buona parte del viaggio a contemplare le case distrutte e incendiate, le tende che si muovono svolazzando al vento come colombe, vacche e cavalli dimenticati o abbandonati sul posto da chi aveva altri guai per la testa, e destinati a una fine tormentosa su queste nere radure ormai deserte. Avverto alle narici un fortissimo odore di bruciato. La Repubblica di Croazia, quella che dovrebbe essere la mia Madreterra, il Paese dove ho deciso di proseguire i miei studi e la mia formazione, mi accoglie dunque nel pieno fulgore della sua bellezza. La bella Patria nostra.“
Lorenzo Mazzoni
Scrittore
Cultura - 15 Giugno 2014
Libri: ‘Cirkus Columbia’, l’epopea grottesca della ‘rinascita’ croata
“La guerra cominciò durante l’ora di storia dell’arte. Entrò nella nostra classe verso le otto di quella tetra mattina, era un po’ nervosa e le mani le tremavano leggermente. Aveva le sembianze del preside del nostro liceo Stanko Rubic e disse così: ‘Cari studenti, a giudicare da tutti i sintomi, la guerra è cominciata anche da noi.’ (…) E nei banchi non ci tornammo fino all’inizio del nuovo anno scolastico e io lo ricorderò sempre come l’unico anno della mia carriera scolastica in cui non venni rimandato in matematica. Da ciò si potrebbe dedurre che una guerra può portare anche qualcosa di buono.“
Questa feroce e grottesca parodia della “rinascita croata” degli anni novanta inizia il 14 luglio del 1991 quando in una città dell’Erzegovina giunge una Mercedes bianca con targa tedesca. Scende un lunatico e rancoroso Gastarbeiter che fa ritorno al luogo natio dove smarrisce subito il gatto nero a cui è morbosamente legato. L’intera cittadinanza, allettata dalla promessa di una lauta ricompensa, è coinvolta nella folle ricerca del felino, emanazione infernale di bulgakoviana memoria, attorno alla quale si scatena una ridda di episodi esilaranti e tragici al tempo stesso. Ma a sovvertire il precario equilibrio della piccola comunità, già dilaniata da acredini e invidie intestine, non concorrono soltanto il gatto Bonny e i venti di una guerra fratricida, con le sue esecuzioni sommarie, le deportazioni, le fughe precipitose, i vaneggiamenti nazionalistici e il venire alla ribalta di nuova generazione di “patrioti” a cui vengono affidate le mirabili quanto fragili sorti future. Sarà un innocuo, disperato trastullo (una giostra che gira senza interruzione sulla piazza) a segnare l’irruzione dell’assurdo, ovvero la clamorosa assenza di significato della Storia, nel suo stesso ripetersi all’infinito.
Si tratta di “Cirkus Columbia“, romanzo, bellissimo, gustosamente balcanico, di Ivica Djikić, trentenne giornalista e scrittore croato,una delle voci nuove e più originali della letteratura della ex Jugoslavia, pubblicato in Italia da Zandonai Editore e tradotto da Silvio Ferrari.
Le trovate di Djikić per spiegare l’emergere di una identità nazionale molto discutibile sono spassose ma anche crudeli. L’ampliamento della fabbrica di viti voluto dal Comune, per esempio, è il pretesto che il matto del villaggio, improvvisamente ascoltato da tutti, utilizza per spiegare come i serbi vogliano annullare l’identità croata:
“Vogliono che tutto il popolo croato scompaia, vogliono soffocare e sterminare noi croati, ed estirpare la nostra stessa semenza. Voi sapete bene chi è il direttore delle Poste qui da noi. Un serbo. E chi è che dirige i Grandi Magazzini? Un serbo. Chi è il capo della polizia? Un serbo (…) Di croati, fratelli, non ce n’è nemmeno uno, mentre noi invece siamo la maggioranza. La colpa di tutto questo è dei comunisti e di quelli del Comune che vogliono farci sparire (…) Se davvero costoro vorranno davvero attuare questo piano, noi saremo pronti a tutto e dovranno guardarsi bene dalle nostre reazioni.“
Romanzo corale, in qualcosa ricorda Ivo Andrić,“Cirkus Columbia” gira vorticosamente tra le esistenze di questi cittadini, macchiette quasi endemiche. Tra queste il quindicenne Janko Ivanda, che annota i cambiamenti sul suo diario, e nota come in città ci siano facce nuove arrivate dai villaggi circostanti che trasformano la città in un luogo di esasperazione patriottica, paranoica e insensata. Nella sua ingenua adolescenza afferma che “Fino ad allora nessuno mi aveva mai detto che qualcuno fosse serbo. Nessuno mi aveva mai detto che qualcuno fosse musulmano o albanese o zingaro (…) eravamo in tutto e per tutto uguali: parlavamo tutti la stessa lingua, ci vestivamo alla stessa maniera, le nostre madri ci preparavano gli stessi cibi e gli stessi dolci, le stesse identiche cose.“
Altro personaggio indimenticabile è il sindaco Leon Dilber, che non si rassegna alla sua identità jugoslava, che ama solo Tito e sua figlia. Sindaco isolato, aggredito da uomini incappucciati, che finirà i suoi giorni nell’isolamento più totale.
Poi c’è Martin, che scappa perché ha messo incinta la nuova moglie del padre e perché vuole lasciarsi alle spalle la comunità con cui è cresciuto, ormai alienata e fagocitata nel sentimento generale di imbecillità dominante, sapendo che anche una volta che tutto sarà di nuovo a posto in Erzegovina la paura dentro di lui sarà sempre presente.
La guerra all’inizio è una novità, la gente si incontra nelle cantine per pranzi collettivi pantagruelici dove si parla di politica e azioni militari, i giovani si armano, scorrono alcolici a fiumi, ma poi la guerra diventa noiosa, succedono sempre le stesse cose, cambiano solo i nomi dei morti. Non rimane che andarsene a Zagabria e provare a lasciarsi tutto alle spalle:
“Occupo una buona parte del viaggio a contemplare le case distrutte e incendiate, le tende che si muovono svolazzando al vento come colombe, vacche e cavalli dimenticati o abbandonati sul posto da chi aveva altri guai per la testa, e destinati a una fine tormentosa su queste nere radure ormai deserte. Avverto alle narici un fortissimo odore di bruciato. La Repubblica di Croazia, quella che dovrebbe essere la mia Madreterra, il Paese dove ho deciso di proseguire i miei studi e la mia formazione, mi accoglie dunque nel pieno fulgore della sua bellezza. La bella Patria nostra.“
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La premier Meloni accolga la proposta di Matteo Renzi di convocare immediatamente un tavolo di maggioranza e opposizione per fare il punto sulla detenzione in Iran della giornalista Cecilia Sala". Lo ha detto Raffaella Paita, senatrice e coordinatrice nazionale di Italia Viva, in un video mandato in onda dal Tg2.
"Le condizioni di detenzione di Cecilia Sala risultano essere molto più gravi di quanto detto dal ministero degli Esteri. La politica interrompa le vacanze e la premier Meloni convochi subito un tavolo con le opposizioni come ha chiesto Matteo Renzi", ha concluso.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Ho appreso con sgomento del vile attentato che ha provocato molte vittime e feriti nella città di New Orleans. Il popolo italiano partecipa al lutto di quanti hanno perso i loro cari e auspica il pronto ristabilimento per i feriti". Si legge nel messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden.
"In questo momento di dolore per il popolo americano, tengo a riaffermare il deciso proposito della Repubblica Italiana di contrastare nel modo più fermo ogni forma di terrorismo, sulla base di quei valori di civiltà, democrazia e rispetto della vita umana, da sempre condivisi con gli Stati Uniti. In spirito di vicinanza e in attesa di accoglierla a Roma, Le rinnovo, Signor Presidente, le espressioni del più profondo cordoglio delle Repubblica Italiana e mio personale".
Milano, 2 gen. - (Adnkronos) - Ha confessato il 19enne fermato mercoledì sera perché ritenuto responsabile dell'omicidio di Roberto Comelli, il 42enne ucciso con una coltellata al petto nella notte tra il 31 dicembre e il primo gennaio a Provaglio di Iseo (Brescia).
Stando a quanto apprende l'AdnKronos, il ragazzo si è assunto la responsabilità del gesto. Secondo quanto ricostruito, la notte di Capodanno il 42enne avrebbe provato a entrare a una festa privata in cui erano presenti diversi giovani. Il 19enne durante l'interrogatorio ha riferito che la vittima avrebbe avuto un atteggiamento molesto già una prima volta alle 22, disturbando la festa in corso.
Dopo essere stato allontanato, attorno alle 4 si è ripresentato. Il giovane, sentendosi "impaurito" e "minacciato" da questo atteggiamento si è presentato alla porta recando con sé un coltello. Tra i due non ci sarebbe però stato alcun contatto prima della coltellata sferrata alla vittima. Il 19enne, dopo il fermo, è stato portato nel carcere di Bergamo.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - “È il patriottismo del quotidiano, il richiamo a cui dobbiamo rispondere. Le parole del Presidente della Repubblica sono sempre un monito e uno sprone. Sergio Mattarella ha Richiamato gli aspetti positivi dell’anno che si è concluso, come l’occupazione, i dati delle esportazioni e del turismo, l’altruismo e la speranza che ci ha donato Sammy Basso. E’ chiaro che ci sono delle problematiche ereditate che vanno risolte e siamo qui per questo". Così Augusta Montaruli, vice capogruppo Fdi alla Camera dei Deputati, intervenendo a “L’aria che tira” su La7.
"Il governo sta lavorando e non intendiamo sottrarci. Penso anche alla parola rispetto, citata dal Presidente Mattarella, per la giornata del rispetto da me proposta in onore di Willy Monteiro, che sarà celebrata il prossimo 20 gennaio, con la legge sul cyberbullismo di cui sono stata prima firmataria. È il patriottismo del quotidiano, il richiamo che ci muove Mattarella, all’esserci con l’azione, accorciando le distanze, come il governo sta facendo nelle zone d’ombra come a Caivano”.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Siamo vicini a Cecilia Sala e sosteniamo l’azione del governo ed in particolare della Farnesina che sta lavorando per riportarla a casa. In questo momento delicato è necessario evitare ogni polemica e stare tutti dalla stessa parte per favorire una rapida soluzione diplomatica". Lo scrive Maurizio Lupi sui social.
(Adnkronos) - Il mondo della musica nel 2025 riserverà diverse sorprese, con tanti nuovi album in arrivo nel corso dei prossimi 12 mesi, da Lady Gaga fino a Jovanotti. Alcuni sono una certezza, c’è già una data d’uscita. Per altri, solo velatamente annunciati. Quel che è certo è che sia il panorama italiano sia quello internazionale ne riserveranno delle belle.
A partire da Lady Gaga, tornata in pista con il nuovo singolo ‘Disease’. I rumors si rincorrono da mesi, lei ha garantito che a febbraio uscirà il nuovo album, 'LG7', a cinque anni da 'Chromatica' ma non si conosce ancora una data ufficiale per l’uscita. Le uniche informazioni trapelate sono un feat con Bruno Mars e che l’album conterrà un mix di generi diversi, come affermato da Miss Germanotta in un’intervista al Los Angeles Times.
E’ invece già cerchiata in rosso sul calendario, la data di uscita di ‘Il corpo umano’, l’album di inediti di Jovanotti anticipato dal singolo ‘Montecristo’ che il 31 gennaio segnerà il ritorno dell’artista con dei pezzi che troveranno spazio nel suo ‘PalaJova! 2025’, al via da marzo. Esce il 5 gennaio ‘Debí Tirar Más Fotos’, il nuovo disco di Bad Bunny, che includerà 17 brani, e cinque giorni più tardi, il 10 gennaio, sarà la volta di Franz Ferdinand con ‘The Human Fear’, che la band scozzese farà ascoltare anche in Italia a febbraio con un’unica data del suo tour al Fabrique di Milano. Tra gli album più attesi a gennaio ci sono anche FKA twigs con il suo 'Eusexua' e The Weeknd con ‘Hurry Up Tomorrow’, entrambi disponibili dal 24 gennaio. A due anni da ‘Club Topperia’, il 17 gennaio torna anche Myss Keta, con un nuovo progetto cui seguirà un tour europeo.
Febbraio sarà invece il mese del metal, con i Lacuna Coil di ritorno con ‘Sleepless Empire’, disco di inediti in uscita il 15 febbraio, a distanza di 6 anni dal precedente album della band italiana, ‘Black Anima’. Appuntamento il 7 febbraio, invece, con i Dream Theater e il loro ‘Parasomnia’, che segnerà il ritorno del batterista Mike Pornoy, assente dal 2009 dalla line-up. Sempre restando in territorio metal, febbraio sarà il mese degli Architects, la band metalcore di Brighton, che torna in scena il 28 febbraio con ‘The Sky, The Earth & All Between’. Tra le popstar più amate, Tate McRae, pubblicherà invece il suo terzo album, ‘So Close to What’, il 21 febbraio.
Si intitola invece ‘Tsunami Sea’ e promette di mantenere le promesse del titolo il nuovo album degli Spiritbox, che dovrebbe arrivare nei negozi il 7 marzo. Del resto, basta vedere il successo travolgente di questa band canadese per capire che strapperà più di un consenso tra i fan, visto che dal vivo gli Spiritbox continuano a inanellare trionfi su trionfi, aprendo show di giganti del metal come i Korn o i Linkin Park, che quest’anno accompagneranno nel tour mondiale. Grande attesa anche per il nuovo progetto di Lana Del Rey, 'The Right Person Will Stay', nel quale l’artista ha promesso di esplorare ancora il country e l'alternative pop. Il disco, inizialmente annunciato con il titolo di ‘Lasso’ uscirà il 21 maggio.
Non c’è niente di confermato ma i fan sperano in un ritorno in grande stile di due delle band che hanno segnato tutta una generazione negli anni Novanta. I primi sono i Deftones. L’ultimo lavoro della band capitanata da Chino Moreno, ‘Ohms’ risale a cinque anni fa e il frontman ha lasciato intendere di essere tornato in sala di registrazione con il gruppo. Niente di certo ma qualche indizio lo ha dato anche Trent Reznor. Il frontman dei Nine Inch Nails, dopo aver firmato negli ultimi anni che con Atticus Ross le colonne sonore di ‘The Social Network’, gli è valsa un premio Oscar, ‘Challengers’, ‘Soul’ e ‘Tron: Ares’ ha rivelato a ‘The Hollywood Reporter’ di star lavorando al nuovo album della band. “Stiamo prendendo l'ispirazione che abbiamo raccolto per incanalarla in un progetto dei Nine Inch Nails, a cui stiamo lavorando ora. Siamo pronti a tornare al posto di guida” ha ammesso.
Se così fosse, il 2025 si annuncia un anno davvero ricco e pieno di colpi di scena.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Chiediamo al Governo verità e chiarezza sulle condizioni di detenzione della nostra connazionale Cecilia Sala. E ribadiamo la totale disponibilità a collaborare con la maggioranza per ottenere la liberazione immediata. Non c'è altro tempo da perdere, non ci sono vacanze che tengano". Lo scrive sui social Marco Furfaro del Pd.
"Da 14 giorni Cecilia Sala è in isolamento completo. E le sue condizioni di detenzione sono ben lontane da quelle che il ministro Tajani ci aveva raccontato, arrivando a definirle 'dignitose'. In una cella senza letto, con una semplice coperta da usare come materasso. Privata del sonno attraverso la cosiddetta 'tortura bianca', con i fari della cella tenuti accesi giorno e notte".
"E il pacco con i beni di prima necessità (un ricambio di vestiti, una mascherina per gli occhi, prodotti per l'igiene), che l'ambasciatrice italiana ha tentato di consegnarle? Mai arrivato, malgrado il ministro degli Esteri avesse assicurato il contrario".