Prima Lula e poi Dilma Rousseff non hanno fatto seguire i fatti alle parole. La speranza del governo, ora, è che almeno il ritorno economico dovuto al turismo venga rispettato
Uno spettacolo carissimo, come mai prima d’ora: i Mondiali di Brasile 2014 dovrebbero valere, alla fine di tutto, circa 11 miliardi di euro. Tanto dovrebbe essere costato riportare la Coppa del Mondo nel tempio del futebol, 64 anni dopo la storica edizione del 1950. Brasile-Croazia ha aperto il sipario della ventesima edizione della rassegna iridata. Ma dietro la competizione sportiva, fuori dagli stadi, c’è un Paese che si interroga. Si chiede se il gioco vale la candela, se gli investimenti sono stati misurati, se il Mondiale porterà al Brasile svantaggi o benefici.
E lo fa neanche troppo serenamente, come dimostrano le tante proteste degli ultimi mesi, intensificatesi con l’inizio del torneo. Nel 2007, quando la Fifa assegnò il torneo, il progetto iniziale prevedeva un esborso di appena 1,1 miliardi di euro per gli impianti. E il presidente Lula assicurava che la maggior parte del denaro pubblico sarebbe stato speso in infrastrutture per il Paese, mentre l’aspetto più ludico e sportivo sarebbe stato coperto da sponsor e privati. In realtà, le cose sono andate molto diversamente. I costi sono quasi triplicati, come spesso accade per l’organizzazione di grandi manifestazioni sportive. Il governo ha giustificato l’impiego di soldi pubblici con l’importanza storica e simbolica di alcuni stadi. Argomento incontestabile per il Maracanà di Rio de Janeiro, forse meno per altri interventi: per il Manè e Garrincha di Brasilia sono stati necessari circa 600 milioni di euro, cifra che lo rende il secondo stadio più costoso al mondo dopo il nuovo Wembley di Londra.
Ma nella capitale brasiliana non esiste tradizione calcistica, al termine della competizione nessuna squadra avrà bisogno di una casa da 70mila posti. Il rischio “cattedrale nel deserto” è molto alto. E lo stesso discorso si pone per altri dei 12 stadi che ospiteranno il mondiale, di cui sei sono stati ristrutturati e i restanti addirittura costruiti da zero. Il conto complessivo si avvicina ai tre miliardi di euro. Poi ci sono gli altri investimenti. Quelli che più interessavano alla popolazione, come infrastrutture, strade, reti, aeroporti. Per la mobilità aerea sono stati spesi circa 2,7 miliardi di euro, per quella urbana 3,6. Ma alcuni progetti sono stati ridimensionati o posticipati, altri addirittura accantonati. E essere costretti – viste anche le recenti turbolenze – a sborsare 600 milioni di euro in sicurezza certo non ha fatto piacere a nessuno. L’impressione fra gli abitanti è che alla fine il grosso sia stato speso per far bella figura nel corso del torneo, pensando poco ai reali interessi del Paese. L’ultima stima ufficiale, che il ministro dello Sport Luis Fernandes aveva dato per definitiva, era di 12,8 milioni di dollari.
Di cui l’85% proveniente dalle casse dello Stato e degli enti locali. Dopo, però, si sono resi necessari piccoli ma continui rabbocchi, per tutti gli interventi e i lavori che sono proseguiti fino a poche settimane dalla cerimonia inaugurale. Comunque vada, saranno i Mondiali più cari della storia (ben più di Germania 2006 e Sudafrica 2010). Almeno per quattro anni, visto che la Russia nel 2018 e il Qatar nel 2022 abbatteranno sicuramente anche questa cifra: gli emiri hanno già promesso di investire almeno 150 miliardi di euro. Per questo i brasiliani devono augurarsi che siano vere soprattutto le promesse relative ai ritorni economici della manifestazione. Il governo si è sempre detto ottimista. In Brasile sono attesi almeno 600mila turisti stranieri, e più di tre milioni di abitanti dovrebbero spostarsi nel corso del torneo. Una massa di spettatori che dovrebbe spendere nelle dodici città ospitanti una cifra vicina ai 18 miliardi di euro.
Secondo il ministro del Turismo solo nel 2014 l’economia brasiliana dovrebbe crescere di 9 miliardi, con circa tre milioni complessivi di nuovi posti di lavoro. Ma c’è anche chi la pensa diversamente. Le previsioni dell’agenzia di Moody’s, ad esempio, sono ben più cupe: secondo l’agenzia di rating, il Mondiale darà benefici “marginali” e solo “sul breve periodo”. Mentre il network Ernst & Young ha già riscontrato un aumento dell’inflazione di un punto percentuale. E la popolazione, sempre più ostile all’organizzazione, sembra crederci. Ma più che d’impressioni la questione è matematica: ci vorrà del tempo per verificare il saldo fra gli investimenti (onerosi) e i ritorni (d’immagine ed economici, fin qui solo teorici). Alla fine del torneo, i tifosi di tutto il mondo quasi sicuramente diranno che ne sarà valsa la pena. Come sempre. Ma fra qualche anno bisognerà richiederlo ai brasiliani. E la risposta potrebbe non essere la stessa.
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