E’ salito sui silos di un ex cementificio, nell’area dell’azienda per cui lavorava, nelle prime ore del mattino, minacciando di gettarsi di sotto. Poi la richiesta: “O viene Renzi o non mi muovo da qui”. A oltre 30 metri di altezza, in un fabbricato fatiscente e pericolante nella zona industriale di Massa Carrara, Adamo Alberti, operaio della Fermet Servizi, società satellite della Fermet Srl di Alberto Ricciardi, un’azienda leader, fino a qualche anno fa, nella lavorazione di rottami di ferro e fornitura di materiali metallici alle acciaierie, ma entrata in crisi per una complessa vicenda finanziaria e messa, quindi, in liquidazione. Da due anni i 6 dipendenti rimasti sono in cassa integrazione. A novembre è iniziata quella in deroga, ma i soldi non sono mai arrivati. A fine marzo, quindi, 5 dei 6 operai hanno intrapreso uno sciopero della fame, interrotto dopo 5 giorni per un malore dello stesso Alberti, portato al pronto soccorso di Carrara.
La protesta – accompagnata da un’assemblea permanente – era comunque servita per strappare una promessa al sindaco di Carrara, Angelo Zubbani, di due ricollocamenti a tempo indeterminato – rispettivamente nella ditta Scaviter e nella Ecofermet – e altri tre a tempo determinato, dai 5 ai 6 mesi. Ma da allora di ricollocamenti nemmeno l’ombra. E nemmeno dei soldi della cassa integrazione. Da sei mesi gli operai non ricevono uno stipendio, se non per gli sporadici lavori realizzati per la Fermet Servizi. E oggi, una delle tute blu ha deciso di alzare i toni della protesta, salire a 30 metri di altezza, sotto il sole rovente che cade solo nelle periferie delle città e chiedere l’intervento dei “piani alti”. “O viene Renzi – ha gridato Alberti – o non so cosa farò, di qui non mi muovo sicuramente”.
Sul posto è intervenuta la polizia di Carrara. La preoccupazione di istituzioni e colleghi è alta: la struttura sui cui è salito l’operaio, in disuso e abbandonata da ormai vent’anni, è infatti pericolante. Inutili tuttavia i tentativi dei colleghi e delle forze dell’ordine, per farlo scendere. “Siamo preoccupati perché sarà vent’anni che nessuno sale da quelle parti – spiega Renzo Puntelli, uno degli operai che ha portato avanti lo sciopero della fame con Alberti – Siamo comunque solidali, perché lo capiamo. Le promesse, per il momento, non sono ancora state mantenute e noi non vediamo un euro della cassa integrazione in deroga da novembre, da quando cioè è iniziata. Questo nonostante le promesse della Regione. Non abbiamo futuro, non abbiamo soldi e non sappiamo come mantenere le nostre famiglie”.
Alberti è stato contattato telefonicamente dal vicesindaco di Carrara, Andrea Vannucci, arrivato in fabbrica in tarda mattinata. “Mi ha ringraziato – commenta Vannucci – ma ha detto che vuole parlare con il presidente del Consiglio, che noi non possiamo fare niente. Dice che l’unica persona con cui vuole parlare è Renzi. Io gli ho detto che avrei contattato la prefettura, l’organo territoriale di riferimento del Governo, ma lui dice che la colpa è della politica e con la politica vuole parlare”. Anche il titolare dell’azienda Ricciardi ha voluto parlare con l’operaio: “Non sono riuscito a convincerlo a scendere. Purtroppo non posso fare nessuna promessa, se dipendesse da me li assumerei tutti di nuovo. Ma al momento ho le mani legate. Questa storia è complicata e capisco la disperazione degli operai, che non sanno più dove sbattere la testa”.