“Sprezzante” degli avvertimenti dei carabinieri. “Indifferente” rispetto al fatto che stava per commettere un reato. “Ironico” nello sfidare i politici a imitarlo. Così il giudice torinese Elena Rocci descrive Beppe Grillo nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 3 marzo, ha condannato per violazione di sigilli il leader del Movimento 5 Stelle a quattro mesi di carcere senza condizionale. Grillo paga così (ci sono anche cento euro di multa) un gesto con cui, nel 2010, volle manifestare il suo appoggio alla causa dei No Tav.
Secondo il magistrato non si trattò soltanto disobbedienza civile, ma di un’infrazione che deve essere punita in base al codice penale. La storia è quella della baita costruita abusivamente dai militanti in Valle di Susa, diventata il simbolo degli oppositori della nuova ferrovia Torino-Lione, nella zona poi sgomberata dalle forze dell’ordine e oggi inglobata dal cantiere di Chiomonte. Il 5 dicembre di quattro anni fa Beppe raggiunse la casetta e, nonostante fosse stato contattato durante il viaggio dall’allora comandante dei carabinieri di Susa, il capitano Stefano Mazzanti, che lo informò delle conseguenze, ne varcò la soglia davanti a decine di militanti raccolti in presidio: una violazione di sigilli, secondo i pubblici ministeri Antonio Rinaudo e Andrea Padalino e anche secondo il giudice Rocci.
Un video acquisito nel corso del processo immortala Grillo mentre si rivolge ai No Tav con le parole “siete degli eroi”, improvvisa un comizio condito da battute di spirito, esce dalla casupola incrociando le mani come se avesse le manette ai polsi. “Se invitate Chiamparino e lo fate entrare lì – dice ai manifestanti – è fatta. Potrebbe essere la svolta della politica: li portiamo tutti qua, li facciamo entrare, i carabinieri non vedono l’ora, e ce li togliamo dalle balle”. Anche dieci No Tav, colpevoli di non avere rispettato i provvedimenti di sequestro della baita, sono stati condannati a pene che oscillano fra i nove e i quattro mesi; nell’elenco figura il leader storico del movimento, Alberto Perino. Il giudice non ha accolto la tesi della “disobbedienza civile“, illegale ma non punibile perché animata dalla volontà di contrastare la realizzazione di un’opera considerata dai No Tav “inutile, costosa e dannosa per l’ambiente”. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice scrive che si è andati al di là della libera manifestazione del pensiero: si è calpestata una norma, la violazione di sigilli, che protegge “il buon andamento della pubblica amministrazione”. Quanto a Grillo, non ha potuto ottenere la condizionale. Ha un precedente per omicidio colposo nel 1988 e uno per diffamazione nel 2003 e “non si possono formulare prognosi di non recidivanza”.