I politici non versano le quote previste dal regolamento e il Pd è costretto a chiudere le proprie sedi. Nonostante siano al governo sia a Roma che in Sicilia, per i democratici è un momento di crisi nera. Almeno a livello finanziario. Da oggi infatti il Pd ha chiuso la sede palermitana di via Bentivegna, mettendo in cassa integrazione, a zero ore per un anno, tutti i tredici dipendenti: tra loro tre operai, otto impiegati e due giornalisti. Assunti tra il 2007 e il 2009 da Francantonio Genovese, primo segretario siciliano del Pd, oggi agli arresti domiciliari, i dipendenti dei democratici sapevano da alcune settimane che sarebbero stati loro i primi a pagare la scarsa generosità dei democrat.
Ad annunciare la cassa integrazione ai sindacati era infatti arrivata una lettera proveniente direttamente dalla tesoreria del partito, in cui si specificavano i motivi che avrebbero portato i vertici democratici a compiere l’estrema decisione: semplicemente dai politici non sarebbe più arrivato alcun contributo. Ammonterebbero infatti a circa cinquecentomila euro i crediti che il Pd siciliano vanta nei confronti degli eletti. Secondo il regolamento del Pd, i consiglieri comunali, i sindaci, i deputati regionali e nazionali, gli assessori e i senatori sarebbero obbligati a versare in media il 15 per cento del loro stipendio al partito: è con quei soldi, uniti a quelli del finanziamento pubblico, che andava avanti la segreteria. Quando, però, si è insediato, il nuovo segretario regionale Fausto Raciti ha trovato in cassa poco più di settantamila euro: sarebbero bastati al massimo a pagare un paio di stipendi ai dipendenti.
Sono dunque partite richieste agli eletti, affinché saldassero il conto con il partito, evitando il licenziamento di tutto il personale: niente da fare, in pochi hanno messo mano al portafogli. “Se esiste un regolamento va rispettato” dice Antonella Monastra, candidata sconfitta alle primarie regionali del Partito Democratico. “Io – continua – nella mia campagna parlavo di bilancio trasparente, qui però c’è anche il problema del finanziamento pubblico: da combattere c’era l’errato utilizzo dei fondi ai partiti, ma in tempi di caccia alle streghe ha fatto più comodo tagliarlo definitivamente”. Il Pd siciliano poteva comunque sopravvivere, evitando di mettere alla porta i suoi dipendenti: sarebbe bastato che gli eletti avessero rispettato il regolamento interno, versando subito quanto dovuto. Così non è stato, ed è da mesi che all’interno del Pd siciliano volano gli stracci: sotto accusa naturalmente sono finiti i morosi. Dalla settimana prossima il comitato dei garanti passerà in rassegna i conti del partito, per poi concentrarsi sulle singole posizioni: chi si rifiuta di pagare le quote dovute al partito rischia la sospensione dal gruppo parlamentare.
A poche ore dalla chiusura della sede palermitana, però, è scontro totale anche tra gli stessi morosi. L’ennesima guerra intestina tutta interna al Pd questa volta vede coinvolti gli assessori e i deputati regionali: per i primi il Pd chiede il 15 per cento dell’indennità, mentre con i secondi (che hanno un’indennità superiore agli assessori) ci sarebbe un accordo verbale che fissa in mille euro al mese la quota da destinare al partito. Un incrocio di j’accuse, che alla fine ha portato alla sospensione totale dei contributi al partito. Nella black list dei morosi, oltre ad diversi deputati regionali, ci sono anche alcuni degli assessori che hanno fatto parte della giunta di Rosario Crocetta: Mariarita Sgarlata, Nino Bartolotta, Luca Bianchi e Nelli Scilabra. La giovane titolare dell’assessorato alla formazione aveva in passato annunciato di voler elargire al partito quanto dovuto ma a patto che il suo contributo fosse poi destinato ai Giovani Democratici. “Abbiamo comunque ribadito recentemente alla nuova tesoreria la nostra volontà a saldare: aspettiamo però che ci comunichino modalità e tempistiche” fanno sapere dallo staff dell’assessore Scilabra.
E se la lunga lista di debitori del Pd preferisce far squillare a vuoto il telefono, pur di sottrarsi ad una replica pubblica, diverso è il caso di Corradino Mineo, eletto senatore come capolista in Sicilia, e poi diventato uno dei primi sostenitori di Giuseppe Civati. Il Pd gli aveva chiesto il saldo del contributo di solidarietà, circa venticinque mila euro previsti da regolamento. L’ex giornalista ha risposto con una lettera piccata: “In Rai mi pagavano di più – ha scritto il civatiano – Mi hanno pregato per farmi candidare. Poi ho scoperto che dovevo pagare una specie di pizzo per essere messo in posizione utile. Se avessi saputo prima di questo mercimonio, avrei rifiutato il posto”. Per il momento, però, a perdere il posto saranno soltanto i tredici dipendenti del Pd siciliano.
Politica
Palermo, gli eletti non pagano le quote e il Pd chiude la sede: “Buco da 500 mila euro”
Chiude i battenti la sede palermitana di via Bentivegna, i 13 dipendenti finiscono in cassa integrazione. La causa: i circa 500 mila euro di crediti che il Pd siciliano vanta nei confronti degli eletti. Tra gli coloro che non hanno versato la quota, anche Corradino Mineo, senatore civatiano, cui il partito ha chiesto 25 mila euro: "Mi hanno pregato per farmi candidare. Poi ho scoperto che dovevo pagare una specie di pizzo"
I politici non versano le quote previste dal regolamento e il Pd è costretto a chiudere le proprie sedi. Nonostante siano al governo sia a Roma che in Sicilia, per i democratici è un momento di crisi nera. Almeno a livello finanziario. Da oggi infatti il Pd ha chiuso la sede palermitana di via Bentivegna, mettendo in cassa integrazione, a zero ore per un anno, tutti i tredici dipendenti: tra loro tre operai, otto impiegati e due giornalisti. Assunti tra il 2007 e il 2009 da Francantonio Genovese, primo segretario siciliano del Pd, oggi agli arresti domiciliari, i dipendenti dei democratici sapevano da alcune settimane che sarebbero stati loro i primi a pagare la scarsa generosità dei democrat.
Ad annunciare la cassa integrazione ai sindacati era infatti arrivata una lettera proveniente direttamente dalla tesoreria del partito, in cui si specificavano i motivi che avrebbero portato i vertici democratici a compiere l’estrema decisione: semplicemente dai politici non sarebbe più arrivato alcun contributo. Ammonterebbero infatti a circa cinquecentomila euro i crediti che il Pd siciliano vanta nei confronti degli eletti. Secondo il regolamento del Pd, i consiglieri comunali, i sindaci, i deputati regionali e nazionali, gli assessori e i senatori sarebbero obbligati a versare in media il 15 per cento del loro stipendio al partito: è con quei soldi, uniti a quelli del finanziamento pubblico, che andava avanti la segreteria. Quando, però, si è insediato, il nuovo segretario regionale Fausto Raciti ha trovato in cassa poco più di settantamila euro: sarebbero bastati al massimo a pagare un paio di stipendi ai dipendenti.
Sono dunque partite richieste agli eletti, affinché saldassero il conto con il partito, evitando il licenziamento di tutto il personale: niente da fare, in pochi hanno messo mano al portafogli. “Se esiste un regolamento va rispettato” dice Antonella Monastra, candidata sconfitta alle primarie regionali del Partito Democratico. “Io – continua – nella mia campagna parlavo di bilancio trasparente, qui però c’è anche il problema del finanziamento pubblico: da combattere c’era l’errato utilizzo dei fondi ai partiti, ma in tempi di caccia alle streghe ha fatto più comodo tagliarlo definitivamente”. Il Pd siciliano poteva comunque sopravvivere, evitando di mettere alla porta i suoi dipendenti: sarebbe bastato che gli eletti avessero rispettato il regolamento interno, versando subito quanto dovuto. Così non è stato, ed è da mesi che all’interno del Pd siciliano volano gli stracci: sotto accusa naturalmente sono finiti i morosi. Dalla settimana prossima il comitato dei garanti passerà in rassegna i conti del partito, per poi concentrarsi sulle singole posizioni: chi si rifiuta di pagare le quote dovute al partito rischia la sospensione dal gruppo parlamentare.
A poche ore dalla chiusura della sede palermitana, però, è scontro totale anche tra gli stessi morosi. L’ennesima guerra intestina tutta interna al Pd questa volta vede coinvolti gli assessori e i deputati regionali: per i primi il Pd chiede il 15 per cento dell’indennità, mentre con i secondi (che hanno un’indennità superiore agli assessori) ci sarebbe un accordo verbale che fissa in mille euro al mese la quota da destinare al partito. Un incrocio di j’accuse, che alla fine ha portato alla sospensione totale dei contributi al partito. Nella black list dei morosi, oltre ad diversi deputati regionali, ci sono anche alcuni degli assessori che hanno fatto parte della giunta di Rosario Crocetta: Mariarita Sgarlata, Nino Bartolotta, Luca Bianchi e Nelli Scilabra. La giovane titolare dell’assessorato alla formazione aveva in passato annunciato di voler elargire al partito quanto dovuto ma a patto che il suo contributo fosse poi destinato ai Giovani Democratici. “Abbiamo comunque ribadito recentemente alla nuova tesoreria la nostra volontà a saldare: aspettiamo però che ci comunichino modalità e tempistiche” fanno sapere dallo staff dell’assessore Scilabra.
E se la lunga lista di debitori del Pd preferisce far squillare a vuoto il telefono, pur di sottrarsi ad una replica pubblica, diverso è il caso di Corradino Mineo, eletto senatore come capolista in Sicilia, e poi diventato uno dei primi sostenitori di Giuseppe Civati. Il Pd gli aveva chiesto il saldo del contributo di solidarietà, circa venticinque mila euro previsti da regolamento. L’ex giornalista ha risposto con una lettera piccata: “In Rai mi pagavano di più – ha scritto il civatiano – Mi hanno pregato per farmi candidare. Poi ho scoperto che dovevo pagare una specie di pizzo per essere messo in posizione utile. Se avessi saputo prima di questo mercimonio, avrei rifiutato il posto”. Per il momento, però, a perdere il posto saranno soltanto i tredici dipendenti del Pd siciliano.
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - “È il patriottismo del quotidiano, il richiamo a cui dobbiamo rispondere. Le parole del Presidente della Repubblica sono sempre un monito e uno sprone. Sergio Mattarella ha Richiamato gli aspetti positivi dell’anno che si è concluso, come l’occupazione, i dati delle esportazioni e del turismo, l’altruismo e la speranza che ci ha donato Sammy Basso. E’ chiaro che ci sono delle problematiche ereditate che vanno risolte e siamo qui per questo". Così Augusta Montaruli, vice capogruppo Fdi alla Camera dei Deputati, intervenendo a “L’aria che tira” su La7.
"Il governo sta lavorando e non intendiamo sottrarci. Penso anche alla parola rispetto, citata dal Presidente Mattarella, per la giornata del rispetto da me proposta in onore di Willy Monteiro, che sarà celebrata il prossimo 20 gennaio, con la legge sul cyberbullismo di cui sono stata prima firmataria. È il patriottismo del quotidiano, il richiamo che ci muove Mattarella, all’esserci con l’azione, accorciando le distanze, come il governo sta facendo nelle zone d’ombra come a Caivano”.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Siamo vicini a Cecilia Sala e sosteniamo l’azione del governo ed in particolare della Farnesina che sta lavorando per riportarla a casa. In questo momento delicato è necessario evitare ogni polemica e stare tutti dalla stessa parte per favorire una rapida soluzione diplomatica". Lo scrive Maurizio Lupi sui social.
(Adnkronos) - Il mondo della musica nel 2025 riserverà diverse sorprese, con tanti nuovi album in arrivo nel corso dei prossimi 12 mesi, da Lady Gaga fino a Jovanotti. Alcuni sono una certezza, c’è già una data d’uscita. Per altri, solo velatamente annunciati. Quel che è certo è che sia il panorama italiano sia quello internazionale ne riserveranno delle belle.
A partire da Lady Gaga, tornata in pista con il nuovo singolo ‘Disease’. I rumors si rincorrono da mesi, lei ha garantito che a febbraio uscirà il nuovo album, 'LG7', a cinque anni da 'Chromatica' ma non si conosce ancora una data ufficiale per l’uscita. Le uniche informazioni trapelate sono un feat con Bruno Mars e che l’album conterrà un mix di generi diversi, come affermato da Miss Germanotta in un’intervista al Los Angeles Times.
E’ invece già cerchiata in rosso sul calendario, la data di uscita di ‘Il corpo umano’, l’album di inediti di Jovanotti anticipato dal singolo ‘Montecristo’ che il 31 gennaio segnerà il ritorno dell’artista con dei pezzi che troveranno spazio nel suo ‘PalaJova! 2025’, al via da marzo. Esce il 5 gennaio ‘Debí Tirar Más Fotos’, il nuovo disco di Bad Bunny, che includerà 17 brani, e cinque giorni più tardi, il 10 gennaio, sarà la volta di Franz Ferdinand con ‘The Human Fear’, che la band scozzese farà ascoltare anche in Italia a febbraio con un’unica data del suo tour al Fabrique di Milano. Tra gli album più attesi a gennaio ci sono anche FKA twigs con il suo 'Eusexua' e The Weeknd con ‘Hurry Up Tomorrow’, entrambi disponibili dal 24 gennaio. A due anni da ‘Club Topperia’, il 17 gennaio torna anche Myss Keta, con un nuovo progetto cui seguirà un tour europeo.
Febbraio sarà invece il mese del metal, con i Lacuna Coil di ritorno con ‘Sleepless Empire’, disco di inediti in uscita il 15 febbraio, a distanza di 6 anni dal precedente album della band italiana, ‘Black Anima’. Appuntamento il 7 febbraio, invece, con i Dream Theater e il loro ‘Parasomnia’, che segnerà il ritorno del batterista Mike Pornoy, assente dal 2009 dalla line-up. Sempre restando in territorio metal, febbraio sarà il mese degli Architects, la band metalcore di Brighton, che torna in scena il 28 febbraio con ‘The Sky, The Earth & All Between’. Tra le popstar più amate, Tate McRae, pubblicherà invece il suo terzo album, ‘So Close to What’, il 21 febbraio.
Si intitola invece ‘Tsunami Sea’ e promette di mantenere le promesse del titolo il nuovo album degli Spiritbox, che dovrebbe arrivare nei negozi il 7 marzo. Del resto, basta vedere il successo travolgente di questa band canadese per capire che strapperà più di un consenso tra i fan, visto che dal vivo gli Spiritbox continuano a inanellare trionfi su trionfi, aprendo show di giganti del metal come i Korn o i Linkin Park, che quest’anno accompagneranno nel tour mondiale. Grande attesa anche per il nuovo progetto di Lana Del Rey, 'The Right Person Will Stay', nel quale l’artista ha promesso di esplorare ancora il country e l'alternative pop. Il disco, inizialmente annunciato con il titolo di ‘Lasso’ uscirà il 21 maggio.
Non c’è niente di confermato ma i fan sperano in un ritorno in grande stile di due delle band che hanno segnato tutta una generazione negli anni Novanta. I primi sono i Deftones. L’ultimo lavoro della band capitanata da Chino Moreno, ‘Ohms’ risale a cinque anni fa e il frontman ha lasciato intendere di essere tornato in sala di registrazione con il gruppo. Niente di certo ma qualche indizio lo ha dato anche Trent Reznor. Il frontman dei Nine Inch Nails, dopo aver firmato negli ultimi anni che con Atticus Ross le colonne sonore di ‘The Social Network’, gli è valsa un premio Oscar, ‘Challengers’, ‘Soul’ e ‘Tron: Ares’ ha rivelato a ‘The Hollywood Reporter’ di star lavorando al nuovo album della band. “Stiamo prendendo l'ispirazione che abbiamo raccolto per incanalarla in un progetto dei Nine Inch Nails, a cui stiamo lavorando ora. Siamo pronti a tornare al posto di guida” ha ammesso.
Se così fosse, il 2025 si annuncia un anno davvero ricco e pieno di colpi di scena.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Chiediamo al Governo verità e chiarezza sulle condizioni di detenzione della nostra connazionale Cecilia Sala. E ribadiamo la totale disponibilità a collaborare con la maggioranza per ottenere la liberazione immediata. Non c'è altro tempo da perdere, non ci sono vacanze che tengano". Lo scrive sui social Marco Furfaro del Pd.
"Da 14 giorni Cecilia Sala è in isolamento completo. E le sue condizioni di detenzione sono ben lontane da quelle che il ministro Tajani ci aveva raccontato, arrivando a definirle 'dignitose'. In una cella senza letto, con una semplice coperta da usare come materasso. Privata del sonno attraverso la cosiddetta 'tortura bianca', con i fari della cella tenuti accesi giorno e notte".
"E il pacco con i beni di prima necessità (un ricambio di vestiti, una mascherina per gli occhi, prodotti per l'igiene), che l'ambasciatrice italiana ha tentato di consegnarle? Mai arrivato, malgrado il ministro degli Esteri avesse assicurato il contrario".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Calpestare la dignità di Cecilia Sala significa calpestare la dignità dell’Italia". Lo scrive Beppe Provenzano sui social rilanciando la nota del Pd con Elly Schlein sul caso di Cecilia Sala.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - “A distanza di due settimane, è evidente che quella della giornalista italiana Cecilia Sala da parte delle autorità iraniane è una detenzione arbitraria, in condizioni durissime a quel che si apprende dalla stampa, stante anche la vaghezza dei capi accusa". Lo scrivono in una nota il segretario di +Europa, Riccardo Magi e il deputato di +E Benedetto Della Vedova.
"Per questo troviamo positive importanti le parole dell’Alto Rappresentante dell’Unione Europea, Kaja Kallas, che ha chiesto il rilascio immediato di Cecilia Sala aggiungendo che 'il giornalismo non è un reato'. Pur con la doverosa cautela, e anche considerando che siamo di fronte all’uso brutale della cosidetta 'diplomazia degli ostaggi' praticata dai regimi illiberali, il Governo dovrebbe al più presto riferire al Parlamento, e nel caso anche al Copasir, per chiarire quali siano le sue valutazioni e intendimenti, in modo da garantirsi il pieno sostegno di tutte le forze politiche alle sue azioni”.
Bari, 2 gen. - (Adnkronos) - Un neonato è stato trovato morto questa mattina nella culla termica sistemata da alcuni anni in un locale accessibile a qualsiasi ora della chiesa di San Giovanni Battista a Bari.
Sul posto sono intervenuti gli agenti della Squadra volante e della Squadra mobile della Questura a indagare e a svolgere accertamenti per capire chi lo abbia lasciato e se era già morto.
E' quasi certo che verranno svolti accertamenti sulle telecamere di videosorveglianza. La culla termica è collegata tramite dei sensori e con un sistema di allarme al telefono cellulare del parroco.