Una speciale stampante tridimensionale sfrutta una tecnica della cucina molecolare per dar vita a surrogati gelatinosi in grado di sostituire i prodotti tradizionali: i primi realizzati sono dei lamponi artificiali
Siete pronti a rinunciare alla frutta, almeno nella sua versione tradizionale? Sì, perché a breve questi prodotti della tavola potrebbero essere sostituiti da un surrogato frutto di un’innovazione che sembra uscita da un film di fantascienza. Niente più lunghe coltivazioni, stagionalità, tempi di maturazione e ricerca della specialità biologica o a chilometro zero. Per ottenere qualcosa di assimilabile alla frutta saranno sufficienti un liquido specifico e un’avveniristica stampante 3D. È questa l’apparente rivoluzione promessa dalla “3D Fruit Printer”, il ritrovato recentemente presentato dall’azienda inglese Dovetailed, che combina l’emergente tecnologia delle stampanti 3D, già utilizzate per il cioccolato, con una particolare tecnica della cucina molecolare detta “sferificazione”.
La sferificazione è una modalità culinaria resa famosa dallo chef spagnolo Ferran Adrià e prevede l’utilizzo di succhi e sciroppi mescolati con acido alginico in soluzione di calcio per dare origine a piccole sfere commestibili. Ebbene, la 3D Fruit Printer sfrutta proprio questa metodologia combinando singole goccioline di liquido di diversi sapori e in una forma desiderata che consentono di ottenere “frutti artificiali” su misura di consistenza gelatinosa. La prima di queste creazioni resa pubblica sono stati dei lamponi artificiali realizzati in occasione della presentazione della stampante nel corso del recente evento “TechFoodHack” tenutosi a Cambridge. Sul sapore specifico ancora non ci sono informazioni specifiche, ma perlomeno questi innovativi frutti di bosco non hanno ancora avvelenato nessuno.
Ma ciò che rende ancora più interessante questa scoperta sono le sue possibili evoluzioni e usi futuri. Infatti lavorando sui succhi di partenza e sulla loro combinazione sarà possibile dar vita a della vera e propria frutta on demand che ampli la gamma dei prodotti esistenti: una possibilità che in prospettiva potrebbe essere sfruttata non solo dagli chef professionisti ma anche nelle cucine private più accessoriate modificando per sempre il rapporto quotidiano delle persone con questo tipo di alimento.