Sono ancora pochissimi gli elementi, ma c’è più di una suggestione – oltre alla compatibilità del Dna – che sembra legare Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, tre figli, muratore incensurato, alla morte di Yara Gambirasio.
La prima suggestione è un luogo: Mapello, paese a confine con Brembate. Il presunto killer della ginnasta tredicenne, vittima di un tentativo di stupro e abbandonata ferita al gelo in campo, vive lì. Ed è Mapello che i cani molecolari subito dopo la scomparsa della ragazzina portarono gli investigatori. Lì in un cantiere di un centro commerciale in costruzione. Proprio a Mapello si sarebbe agganciata la cella telefonica del cellulare di Yara in uno degli ultimi istanti in cui era rimasto acceso.
La seconda suggestione è un mezzo: un furgone bianco. I carabinieri hanno portato in caserma, oltre a una Volvo Station wagon, anche un Peugeot Ranch di colore chiaro. Tra le tante segnalazioni, dopo la sparizione della ragazzina, ci fu quella di una ragazza che disse di aver notato un furgone bianco allontanarsi a grande velocità intorno alle 18.45 nella zona dov’era scomparsa.
La terza suggestione è polvere o meglio polveri di cantiere e si lega a doppio filo con il cantiere di Mapello. Bosetti è un muratore e sulle ferite e nei bronchi della vittima furono state trovate tracce di polveri da cantiere. L’ipotesi di un nesso con il cantiere edile di Mapello, già battuto nelle prime settimane di ricerca, o con qualche operatore del settore che possa averci avuto a che fare, è tornato più volte tra le piste degli inquirenti.