Finisce a reti inviolate la sfida di Fortaleza. La Selecao attacca, ma non convince. Migliore in campo l'estremo difensore messicano. Buona la prova dei messicani
C’è poca samba nell’anima del Brasile di Felipe Scolari. Chi credeva che le difficoltà incontrate contro la Croazia fossero dovute alla tensione dell’esordio, dovrà ricredersi. Contro un Messico senza fronzoli, i verdeoro non vanno oltre lo 0-0 e devono rimandare la certezza della qualificazione all’ultima partita del girone contro il Camerun. Quello di Felipao è un Brasile abulico, troppo compresso al centro del campo dove manca qualità a supporto dei colpi di Neymar, non in stato di grazia ma comunque alla fine l’unico che prova ad accendere la partita. Difficilmente la Selecao riesce a trovare la corsa degli esterni, dove dovrebbe cercare uno sbocco per uscire dall’ingorgo della corsia centrale, creato ad hoc dal Messico. Ed è un peccato mortale, perché Neymar viene francobollato (la sua azione più pericolosa nei primi 45’ è un colpo di testa) e i tre centrali messicani stritolano Fred guidati da un impeccabile Marquez.
La sterzata naturale per impensierire Ochoa sarebbero le fasce ma Oscar non è quello illuminante visto contro la Croazia e Ramires, preferito a Hulk, è così evanescente che la sua partita dura appena un tempo. Marcelo è l’unico a trovare spazi quando spinge profondo, mentre sulla destra Dani Alves pasticcia e in difesa balla. Era già successo contro Olic, si ripete contro un Messico ordinato e battagliero. Miguel Herrera chiude tutto con il 5-3-2 riuscendo ad abbassare i ritmi grazie a un’altra densità al centro che toglie ossigeno e spazio al palleggio avversario, anche con le brutte come i messicani fanno capire subito con due falli nei primi 42 secondi. La trama è la stessa inscenata dalla Croazia ma quando El Tricolor prova a ripartire lo fa in maniera poco convincente. Il mezzo brasiliano Giovani Dos Santos e il castigatore olimpico dei verdeoro Oribe Peralta sono scollati dal centrocampo e non vengono mai innescati.
Gli unici problemi per Julio Cesar arrivano dalla sinistra con Guardado che attacca Dani Alves e i con tiri dalla distanza di Vasquez. E’ suo il brivido più intenso sul finire del primo tempo con una sventola che gira a un metro dal palo dopo un’azione sviluppatasi proprio sul lato del terzino del Barcellona. Una chiamata alle armi per i suoi compagni, in pratica. Il Messico capisce che il Brasile è vulnerabile e alza il baricentro dopo l’intervallo. A Scolari non basta inserire Bernard al posto di Ramires per sbloccare la situazione. Perso Neymar tra le maglie verdi, la Selecao sembra non avere un’identità precisa. E così i messicani dopo quarantacinque minuti di siesta, si svegliano anche in fase offensiva. Nel primo quarto d’ora del secondo tempo sono loro a dettare il ritmo, anche se non riescono a spingersi fino in area e preferiscono scaricare da lontano verso Julio Cesar. Scolari deve inventarsi qualcosa e butta dentro Jo per Fred. In effetti il Brasile cambia, ma non sono le sostituzioni a girare l’inerzia degli ultimi venti minuti. La percussione prolungata della Selecao è disordinata e torna sempre all’origine: i verdeoro esistono se si accende Neymar.
L’asso del Barcellona illude il Castelao di Fortaleza al 68’ ma Ochoa è bravissimo a respingere il suo tiro e a cinque minuti dalla fine mette in testa a Thiago Silva un pallone che bisognerebbe solo spingere dentro, ma l’ex difensore del Milan spara in bocca al portiere. Comunque troppo poco per chi è chiamato a dominare il Mondiale ed è invece evanescente in attacco, ballerino dietro ma soprattutto qualitativamente appena sufficiente nel proporre gioco. Con la Croazia, di fischietto e di forza, la Selecao ha trovato la via della vittoria. Il Messico è riuscito a sbarrargliela. Parliamo di due formazioni ordinate e con le idee chiare ma non di prima fascia. Scolari ha un’altra partita, forse due, per montare il vero Brasile. Prima che qualcuno provi davvero a ferire una nazione intera.
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