Nel capo di imputazione della Procura di Bergamo si legge che l'indagato ha colpito Yara “con tre colpi al capo e con plurime coltellate in diverse regioni del corpo” “abbandonandola agonizzante in un campo isolato ne cagionava la morte”. L'autopsia sul corpo della tredicenne stabilì che la vittima era morta di freddo e di stenti e non per le ferite inferte dal suo aggressore
Omicidio aggravato con l’aggravante della crudeltà. Questo il reato contestato a Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. Nella richiesta di convalida del fermo i pm scrivono che al m uratore, 44 anni, incensurato, contestano di “aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà”. All’uomo non viene contestata la premeditazione. È
Nel capo di imputazione del pm di Bergamo contro Bossetti si legge che l’indagato ha colpito Yara “con tre colpi al capo e con plurime coltellate in diverse regioni del corpo” e “abbandonandola agonizzante in un campo isolato ne cagionava la morte”. L’autopsia sul corpo della tredicenne stabilì che la vittima era morta di freddo e di stenti e non per le ferite inferte dal suo aggressore. Il Dna del fermato, che non ha risposto alle domande del pm e dovrà essere sentito dal gip nell’interrogatorio di garanzia, mostra una “sostanziale assoluta compatibilità” con quello ritrovato sui legging della ginnasta.
La ragazzina scomparve il 26 novembre 2010 dopo essere uscita dalla palestra di Brembate in cui pratica la ginnastica ritmica. Era ad appena 700 metri da casa quando di lei si persero le tracce. Dal suo telefonino partì un sms di risposta ad un’amica. Alle 18.47 il suo telefonino si agganciò alla cella di Mapello, un comune distante circa tre chilometri da Brembate, poi più nulla. Solo tre mesi dopo 26 febbraio 2011 il cadavere fu ritrovato in un campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri da Brembate. Le indagini appurarono che fu uccisa sul posto, colpita da alcune coltellate e morta anche per il freddo e gli stenti.
L’aggressore lasciò però la sua traccia genetica, ferendosi con il coltellino usato per tagliare gli slip di Yara. La traccia genetica fu immediatamente perseguita dalla polizia: “Una pista totalitaria” dice un investigatore che ricorda la stretta collaborazione con i carabinieri, che invece, con indagini classiche sono arrivati all’amico di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno padre di Ignoto 1. È stato quest’uomo a raccontare della confidenza di Guerinoni che aveva avuto una relazione con una donna sposata che poi partorirà due gemelli, Massimo Giuseppe Bossetti e Laura. Nel provvedimento di fermo disposto dal pm per Giuseppe Massimo Bossetti, tra gli indizi vengono annoverate “polveri nei polmoni riconducibili a calce”. La professione dell’uomo è muratore e nei polmoni di Yara furono trovate tracce di polveri residue di materiale comunemente usato in edilizia. Oltre alla prova genetica ci sono elementi da associare “l’analisi delle celle telefoniche“: il giorno della scomparsa di Yara il cellulare di Bossetti agganciò la cella di Brembate in un orario compatibile con la scomparsa della 13enne.
Sarà ora il giudice per le indagini preliminari, Ezia Maccora, che ha archiviato la posizione dell’altro muratore Mohamed Fikri, a stabilire se le prove raccolte dalla Procura permetteranno l’emissione della custodia cautelare in carcere. Ed è in carcere in attesa di presentarsi davanti al gip Bosetti definito “scosso e provato” dalla prima notte in prigione, “preoccupato per la famiglia”.
“Ci troviamo davanti ad una situazione che ci fa dire che il caso è praticamente chiuso”dice il procuratore generale di Brescia, che ha competenza anche su Bergamo, Pier Luigi Maria Dell’Osso. “La giustizia è arrivata e va perfettamente calibrandosi tanto da farlo ritenere perfettamente risolto. Ma prima di dire questo attendiamo ancora qualche giorno” dice Dell’Osso, parlando ai giornalisti e sottolineando come sia necessario “non dare mai nulla per scontato” in questi casi. Il caso “sarà chiuso quando una serie di accertamenti saranno conclusi e quando ci saranno altri interrogatori: mi sembrerebbe molto improbabile – dice riferendosi al silenzio del presunto assassino Massimo Giuseppe Bossetti – che continui così per lungo tempo”. Sicuramente, aggiunge, il risultato è “eclatante”; in Italia “non ci sono dei precedenti analoghi e sicuramente potrà diventare un esempio didatticamente utilissimo per il futuro, un punto di riferimento, un paradigma investigativo”, sottolinea complimentandosi con i carabinieri, la polizia, il pm titolare dell’inchiesta Letizia Ruggeri e con il procuratore di Bergamo Francesco Dettori. “Non sappiamo se conoscesse direttamente la ragazzina” afferma Dell’Osso che ha poi aggiunto “al momento non ci risulta che Bossetti sapesse di essere il figlio di Guerinoni”. Inoltre, a proposito della polemica tra la Procura di Bergamo e il ministro Alfano, il procuratore Dell’Osso ha affermato “dopo un lavoro lungo più di tre anni era difficile tenere sotto traccia una notizia così importante”.
Alle 18 il questore di Bergamo, Fortunato Finolli, ha incontrato i giornalisti per l’annunciata conferenza stampa, ma non ha voluto rivelare ulteriori particolari sulle indagini. Il questore ha sottolineato il lavoro “di piena collaborazione con i carabinieri, come non si è mai vista prima” ma ha ribadito che è troppo presto per poter parlare di caso chiuso perché “dobbiamo svolgere ancora una serie di accertamenti, dobbiamo attualizzare la presenza di Bossetti a 4 anni fa” quando ci fu la scomparsa delle 13enne. Quelli degli inquirenti “non sono tempi giornalistici” per cui il questore non si lascia andare ad ulteriori dettagli sul fermo del presunto killer, né se la madre di Bossetti sia stata ascoltata. Poco prima, insieme al comandante provinciale dei carabinieri, Antonio Bandiera, ha fatto visita alla famiglia di Yara a Brembate di Sopra. Si è trattata di una “visita di cortesia”‘ fa sapere il questore; l’incontro con papà Fulvio e mamma Maura è durato circa un’ora.