Dario Nardella è uomo d’onore. Aveva promesso che non avrebbe mai organizzato cene private sul Ponte Vecchio. E, infatti, ieri sera la cena privata di super vip è stata fatta sul Ponte a Santa Trinita. Alla faccia di chi insinuava che il degno Nardella sarebbe stato un clone di Matteo Renzi. E c’è già chi predice che l’originale Nardella oserà perfino apparecchiare il Ponte alla Carraia, da grande.
Il glorioso ponte progettato nel Cinquecento da Bartolomeo Ammannati (che usò anche idee e disegni di Michelangelo), il ponte ricostruito pazientemente recuperando le pietre scaraventate in Arno dalle mine naziste, questo ponte caro ai fiorentini più ancora di Ponte Vecchio, ieri sera è diventato la location privata dove lo stilista Stefano Ricci ha fatto accomodare i suoi ospiti privati, signora Renzi inclusa. L’occasione è stata la (pacchianissima) inaugurazione della nuova illuminazione di Ponte Vecchio, offerta dallo stilista. Alle sette della sera Andrea Bocelli ha intonato una selezione di arie dalle opere italiane più famose (un programma adattissimo a Mosca, o ad Abu Dhabi), e poi il popolo è stato intrattenuto dai fuochi d’artificio fino alle 23, quando si è manifestata la nuova luce sul Ponte. Il tutto organizzato dalla Once Events srl: la stessa società che aveva prodotto la ‘ricerca’ della Battaglia di Anghiari di Leonardo nel Salone dei Cinquecento a Firenze.
Ora, ci sarebbe da riflettere sul fatto che Firenze si sta dotando di un sistema di illuminazione notturna che ritaglia violentemente dal contesto i monumenti da cartolina, facendoli galleggiare in una specie di vuoto. È successo col Duomo e con la Loggia dei Lanzi, ora tocca a Ponte Vecchio: una perfetta traduzione visiva del concetto di top ten turistica, che segna la distruzione del concetto stesso di paesaggio urbano. Come dire: non ci interessa il corpo, solo gli organi pregiati. Ma il tema che si impone prepotentemente – è il caso di dirlo – è ancora una volta quello dei padroni di Firenze. Quando Ricci offrì l’illuminazione della Loggia dei Lanzi, ottenne di poter noleggiare gli Uffizi per 30.000 euro e vi fece correre alcuni guerrieri Masai, usandoli come contorno ad una sfilata di moda ‘neocoloniale’.
Oggi Ricci paga la luce di cui sopra (221.640 euro) e lo spettacolo (110.000 euro tondi), si prende quello che i giornali fiorentini definiscono l'”osservatorio perfetto” dell’evento, attavolandoci i suoi amici. A una parte minoritaria dell’opinione pubblica sembra ingiusto privatizzare, materialmente e simbolicamente, lo spazio pubblico: per me e per qualcun’altro trasformare un ponte rinascimentale in una sala da pranzo privata non è tra le cose che si dovrebbero poter comprare. Ma anche chi crede che il denaro possa e debba comprare tutto dovrebbe forse chiedersi se 332.000 euro non siano davvero pochi per vendere l’immagine pubblicitaria di Firenze a un’impresa che nel 2012 fatturava 84 milioni l’anno e che ha in catalogo borsette di coccodrillo e diamanti da 110.000 euro l’una.
Ricci ha detto di aver fatto un dono a Firenze: io mi chiedo se non sia stato esattamente il contrario. In ogni caso l’immagine di ieri sera era questa: la corte renziana assisa a banchetto su metà del ponte, i cittadini in piedi sull’altra metà, in un’incredibile combinazione di cattivo gusto, vouyerismo, esibizione. Il cerimoniale di Versailles filtrato attraverso l’immaginario di Novella 2000. E “il patrimonio culturale ridotto a scenografia per lo sfoggio dei soliti vip e dei nuovi rampanti del potere”, come mi scrive un parroco fiorentino, don Carlo. Già, la Firenze di oggi va tutta in questa direzione. A pochi metri di distanza, il Battistero – da oltre mille anni luogo centrale della vita religiosa e politica della città – è avvolto dalla riproduzione monumentale di un foulard di Emilio Pucci, tutto costellato dal marchio-firma “Emilio”. Un’installazione realizzata – scrive il Corriere Fiorentino – “col contributo straordinario del Ministero dello Sviluppo Economico, per l’impegno del viceministro Carlo Calenda che ha portato a Firenze sostanziosi finanziamenti, e di Ita- Italian Trade Agency”.
Cioè soldi pubblici per marketing privato, e si capisce che una raggiante Laudomia Pucci dichiari: “È la prima volta che la moda interviene su un monumento di tale importanza. Sì, faccio i miei auguri più belli a Nardella”. A qualche chilometro di distanza un’altra chiesa – la Pieve di Cercina – viene chiusa ai fedeli per un rito privato, il battesimo del figlio di Carlo Conti. E una parrocchiana, Giovanna Tafani Pratesi, la racconta così: “Poi tutte le porte si chiudono, e suonano le campane: la cerimonia è diventata fatto privato; la chiesa, luogo esclusivo! Inutile reclamare. Il piccolo di Conti e consorte è un piccolo speciale, col gruppo che lo accompagna (ospite, fra gli altri ammessi al rito, Leonardo Pieraccioni). La pieve si chiude per lui. Abbiamo provato a domandare al sacerdote officiante: ma papa Francesco, non ha dichiarato che la Chiesa deve avere le porte aperte a tutti? O è solo una metafora? E poi, viene da chiedersi: Cercina non è forse un bene culturale, patrimonio di tutta la comunità?”. Già: come il Battistero. Come il Ponte a Santa Trinita. Come Firenze.