Qualche ammissione, una difesa della categoria e nessuna autocritica. Dopo la denuncia sull’organizzazione dei corsi di formazione obbligatori per i giornalisti lanciata proprio su questo blog, il presidente nazionale dell’Ordine prende carta e penna e risponde ai tanti dubbi sollevati. Lo fa con un lungo articolo pubblicato sull’homepage del sito dell’Ordine. Merita una approfondita lettura.
Enzo Iacopino getta subito la palla fuoricampo, accusando indirettamente la politica di aver voluto una legge errata che a tutti i costi ha imposto la formazione alla categoria: “quel termine – scrive – irrita immediatamente quanti hanno dieci-venti-trenta o più anni di professione alle spalle”.
Io non sono d’accordo. La formazione continua irrita solo chi crede di essere perfetto, chi non vuole confrontarsi con le profonde trasformazioni tecnologiche in atto che hanno già mutato pelle alla professione. La crisi economica ed editoriale ha reso residuale e anacronistico l’atteggiamento da ‘puzza sotto il naso’ dei troppi colleghi che, in passato, non volevano confrontarsi con la modernità di chi racconta gli eventi attraverso Twitter o di chi imbraccia autonomamente una telecamerina. Sono giornalisti anche loro.
Teniamo allora la palla in campo. Il problema non è la formazione in se (e dunque la legge che l’ha resa obbligatoria), ma come essa viene organizzata dagli Ordini regionali. Sono troppi gli appetiti che si nascondono tra le pieghe della legge stessa, così come lo stesso Presidente ammette: “in molti hanno visto in questo una opportunità di fare business. E’ legale”. Una dichiarazione confutata però dagli stessi dati che Iacopino fornisce per difendere l’Ordine. Leggendo la tabella allegata al suo articolo scopriamo che in 10 regioni italiane finora non siano stati organizzati corsi a pagamento. In Lombardia (dove il numero degli iscritti all’Ordine è il più alto d’Italia) invece essi rappresentano il 54% del totale, in Umbria il 46%, in Toscana il 42%. Il 69% dei corsi non gratuiti in tutta Italia viene organizzato in queste sole 3 regioni. Qualcosa non va.
Questa forte disuguaglianza e il silenzio di Iacopino su quanto sta avvenendo in Lombardia è un secondo indizio di come – con la nostra denuncia – abbiamo colto nel segno. I corsi gratuiti, tra l’altro, hanno pochissimi posti a disposizione obbligando, ipso facto, i colleghi lombardi a frequentare quelli a pagamento. L’Odg non può impedire a docenti preparati di formare, ma avrebbe potuto frenare (anche con la moral suasion) la proliferazione di corsi multipli tenuti da uno stesso docente e tenersi, così, lontana da se l’idea di rappresentare una lobby. Resta sempre in sospeso la richiesta relativa alla maggiore trasparenza sui compensi dei docenti.
Per tutte queste ragioni, il Presidente dell’Ordine ha perso l’occasione di far proprie tutte quelle domande che avevamo rivolto soprattutto a Gabriele Dossena, presidente dell’Ordine della Lombardia. Desidero, infine, ringraziarlo per la promessa sui corsi gratuiti per tutti i colleghi. In Lombardia hanno solo tre mesi di tempo per realizzarla, poiché fino a settembre non ne risultano cui sia possibile iscriversi.