Torna la maturità. Ci risiamo. Il 18 giugno migliaia di ragazzi di tutt’Italia inizieranno la temuta prova. Ma serve davvero la maturità? E soprattutto quanto ci costa? Siamo in realtà di fronte ad un classico caso di spreco all’italiana. Un esborso di soldi, di risorse umane che potrebbe essere impiegato in maniera diversa.
L’esame di Stato ha un prezzo che oscilla tra i 65.860.476 e gli 80.516.544 euro. Una cifra enorme, per una prova dove il 99,1% degli studenti è promosso. Secondo l’indagine svolta da Studenti.it, la cifra sarebbe coperta in minima parte dai maturandi che, tra tasse d’esame e tassa di diploma, l’anno scorso hanno speso in totale 13.378.385,02 euro circa. Il resto è tutto a carico dei contribuenti.
Si fa presto a capire come si può arrivare a cifre di questo tipo per una prova. In primis i costi delle commissioni d’esame: i docenti richiesti dalle scuole al Miur, vengono pagati direttamente dal Ministero: una somma compresa tra i 63.411.676 e i 78.067.744 euro. Ognuna delle 12.444 commissioni nominate nell’anno scolastico 2012-2013, è costata circa 6.376 euro. Un presidente di commissione è arrivato a guadagnare 1.249 euro; per i tre commissari esterni abbiamo speso 2.733 euro.
Il resto è cancelleria: fogli protocollo, fogli bianchi, toner, fotocopiatrici. Sembra assurdo ma nel 2014, al tempo del digitale e dei tablet, le tracce telematiche devono essere stampate e fotocopiate. Una spesa che l’indagine di Studenti.it ha calcolato 2.448.800 di euro.
Infine si deve registrare la spesa della segreteria e dei collaboratori scolastici che durante i giorni dell’esame svolgono mansioni aggiuntive. Ecco la somma finale di quei 80.516.544 che potrebbero essere spesi in maniera diversa a sostegno proprio di coloro che stanno per entrare nel mondo del lavoro o nel pianeta universitario. Dall’altro canto serve davvero un esame che certifichi con un voto le competenze dei nostri ragazzi? I risultati di questa prova sono davvero utili ad un datore di lavoro per valutare se assumere un giovane?
Forse è utile guardare al resto dell’Europa e non solo, per capire. Per provare ad immaginare un percorso diverso per i nostri ragazzi. A differenza dell’Italia, in Svezia, per esempio non è previsto un vero e proprio esame di maturità. Gli studenti devono superare dei test di valutazione durante il percorso di studi. I test sono preparati dalle singole scuole e dall’Agenzia Nazionale per l’Educazione e i professori sono liberi di decidere in quale momento dell’anno scolastico sottoporre gli studenti ai test. Le valutazioni ottenute durante il percorso di studi determinano il punteggio finale.
Anche negli Stati Uniti non esiste un esame di maturità come il nostro. Il diploma di High School si consegue in base all’ottenimento di crediti da parte degli studenti. Ogni “credit” corrisponde ad un’ora di lezione al giorno per una settimana di cinque giorni e per la durata di 36 settimane. Il rendimento scolastico degli studenti viene valutato in base ai compiti da svolgere a casa, alle relazioni scritte e ad un esame scritto alla fine del corso.
In Inghilterra, si chiama “A-level” e consiste nella valutazione di tre materie, che variano a seconda della facoltà universitaria alla quale ci si vuole iscrivere.
A fare la maturità sono invece gli studenti albanesi, dove la prova è stata introdotta nel 2006; i croati che devono sottoporsi al “drzavna matura” per potersi iscrivere all’università studiando obbligatoriamente almeno tre materie (Croato, matematica e lingua straniera); i tedeschi che, a differenza dell’Italia, hanno commissioni esaminatrici totalmente interne e l’esame è considerato una sorta di “certificazione” del percorso di studi compiuto tant’è che il voto finale è determinato dai risultati raggiunti negli anni precedenti.
Forse vale la pena fermarsi a riflettere su una maturità italiana “sprecona”, che sforna maturandi e che è ingranaggio di una macchina burocratica e farraginosa.