Per la sua operazione simpatia Bart De Wever, sindaco di Anversa, ha scomodato persino Fantozzi: “Nasconderò lo smartphone sotto il tavolo e sbircerò la partita”. Il leader della Nuova Alleanza Fiamminga deve dimostrare di essere uno che lavora sodo, ma non può snobbare la travolgente euforia che accompagna la spedizione brasiliana della nazionale del Belgio. Dopo il voto del 25 maggio, infatti, il premier socialista Elio Di Rupo ha presentato le sue dimissioni. Le urne hanno restituito un Paese diviso, con il nord a maggioranza fiamminga che ha visto trionfare gli indipendentisti e il sud vallone dove i socialisti sono primi, ma in netto calo. Preso atto dell’ingovernabilità re Filippo ha incaricato proprio De Wever di verificare se ci sono le condizioni per formare rapidamente un nuovo governo. Era già successo nel 2010, ma l’N-Va aveva rifiutato ogni accordo aprendo la strada ai 535 giorni senza governo del paese.
In questa situazione di stallo irrompe l’esordio mondiale del Belgio, che scende in campo contro l’Algeria (segui la diretta), e si candida al ruolo di rivelazione in Brasile. Pallone e politica si mescolano ancora una volta. L’indipendentista De Wever in passato non aveva mai dimostrato particolare simpatia verso la nazionale, mentre alcuni membri del suo partito avevano reso noto il loro tifo contro Hazard e compagni. Ma la passione popolare per i Mondiali ha contagiato tutti, dalle Fiandre alla Vallonia. Riunificare il paese è l’obiettivo più ambizioso che si è posto la squadra allenata da Mark Wilmots. Ex grintoso centrocampista soprannominato “maiale da combattimento”, Wilmots ha anche un passato in parlamento: dal 2003 ha trascorso due anni sui banchi di Bruxelles nelle fila del Movimento Riformista francofono. Ancora oggi quando riceve domande di natura politica non si tira indietro e lo stesso vale per il capitano della squadra Kompany. Il giocatore del Manchester City ha fatto sapere di sognare un Belgio senza più divisioni interne e spera che l’avventura brasiliana aiuti a compiere qualche passo sulla strada della coesione nazionale.
Il rischio più grande è la pressione che si è creata intorno ai Diavoli Rossi, a cui è stato rifilato lo scomodo ruolo di outsider chiamati a stupire il mondo. I paragoni si sprecano: il Belgio può superare Francia e Olanda e fare meglio della nazionale trascinata da Scifo e Grun che nel 1986 si fermò solo in semifinale, al cospetto di Diego Armando Maradona. L’artefice di questo capolavoro è Michael Sablon, dirigente della federazione belga, che dopo anni di risultati mediocri ha deciso di ripartire da zero. I pochi soldi a disposizione sono stati investiti nel vivaio e si è puntato molto sull’integrazione e sulla naturalizzazione dei giovani talenti stranieri. Il resto lo ha fatto l’allenatore Marc Wilmots, in grado di tirare su una generazione di talenti. In campo vedremo fiamminghi (Courtois e Mertens) e valloni (Hazard) assieme a tanti figli di immigrati, da Witsel a Lukaku fino a Fellaini, nato nei pressi di Bruxelles da genitori marocchini. Partirà dalla panchina Adnan Januzaj, baby fenomeno del Manchester United che ha scelto i Diavoli Rossi dopo essere stato conteso da sei federazioni. Nelle piazze del Belgio sono già stati montati a maxi schermi. Prima del fischio di inizio risuonerà Ta fete, l’inno composto per l’avventura sudamericana da Stromae, giovane artista belga-ruandese che incarna al meglio l’anima meticcia di un paese desideroso di stupire.
Belgio-Algeria, le formazioni ufficiali
Lo speciale mondiali de ilfattoquotidiano.it