Parte ufficialmente, in Emilia-Romagna, la corsa per eleggere il segretario del Pd ma, in realtà, inizia anche la partita per designare (dopo 15 anni) il successore di Vasco Errani alla guida della Regione. Le primarie per la scelta del segretario si terranno – come deciso lunedì notte in Direzione – il 5 ottobre, mentre la presentazione delle candidature avverrà entro il 16 luglio. Un rinvio di 9 giorni (era prevista la scadenza del 7) del tutto necessario visto che il Pd non ha le idee chiare. Per scegliere il Presidente della Regione, invece, si voterà il 21 marzo 2015, perciò le candidature saranno annunciate, molto probabilmente, a fine anno.
“Si apre la stagione congressuale per scegliere il mio successore e successivamente sceglieremo chi si candiderà alla presidenza dell’Emilia-Romagna, sapendo che si conclude un lungo ciclo di governo. Servirà una nuova classe dirigente che si ponga l’obiettivo di innovare e far competere questa regione con i territori più avanzati d’Europa e del mondo” detta la linea il segretario uscente Stefano Bonaccini, renziano di secondo rito e in direzione nazionale. Nel Pd, però, è già scontro sulla questione segretario-governatore, cioè fra chi vorrebbe applicare il nuovo schema di Renzi (segretario del Pd e premier in contemporanea) anche all’Emilia-Romagna: chi si candida alla guida del partito, dunque, correrebbe anche per la Regione. A sostenere il nuovo corso, uno dei candidati papabili, il sindaco di Imola Daniele Manca, che ha ricevuto l’endorsement dal sindaco di Bologna Virginio Merola. Contro questa fusione di cariche giocano invece gli altri due aspiranti alla presidenza della Regione: il parlamentare renziano della primissima ora, Matteo Richetti – che denuncia: “Sarebbe aberrante unire i due ruoli, le due corse vanno tenute distinte” – e Bonaccini. Questi i nomi in lizza a meno che Renzi, con uno dei suoi tipici colpi di scena, non mandi a guidare la rossa Emilia Romagna uno dei suoi ministri: i più probabili Graziano del Rio (ex sindaco di Reggio Emilia) e Dario Franceschini (ferrarese). Sono contro il ticket segretario-governatore anche il civatiano Antonio Mumolo, candidato alla segreteria del partito, e la senatrice Francesca Puglisi (renziana) che – dai microfoni di Radio Tau – avverte: “Quella per la segreteria e quella per la Regione sono partite diverse: questa ambiguità va sciolta”.
La maggior parte del partito, quindi, sembra preferire una separazione delle cariche. A quel punto, i nomi in campo per la corsa a segretario sarebbero, oltre a quello di Mumolo, quello di Paolo Calvano, coordinatore dei segretari provinciali (renziano della seconda ora e molto vicino a Bonaccini) e quello di Giuseppe Paruolo (renziano di prima generazione e coordinatore regionale dei sostenitori del premier). C’è poi Andrea De Maria, parlamentare dell’area Cuperlo, che potrebbe essere senz’altro il nuovo segretario se Renzi decidesse di procedere per “camere di compensazione”, dando la segreteria ad un cuperliano e la presidenza della Regione a uno dei fedelissimi. Del resto è recente la designazione di Matteo Orfini, esponente dei Giovani Turchi, alla presidenza nazionale del partitone. Fra renziani di primo e di secondo rito, intanto, in Emilia Romagna pare esserci maretta.
Ieri mattina a Bologna, Richetti aveva convocato un vertice per parlare delle candidature (poi rimandato) a cui erano stati invitati i renziani di tutta la regione ma solo di prima generazione, come il sottosegretario Roberto Reggi (PC); Paruolo e il consigliere comunale Benedetto Zacchiroli (Bo) e Damiano Zoffoli (FC). Esclusi il sindaco Merola, Manca e lo stesso Bonaccini. “Ho voluto riunire – spiega Richetti – le persone che hanno condiviso fin dall’inizio una battaglia di cambiamento dentro il partito. Il Pd in Emilia Romagna deve diventare il più innovativo possibile e questo vale anche per la Regione”. Il piano dei renzianissimi sarebbe quello di porre alla guida della Regione Richetti. Non sarà facile, però, battere Bonaccini, molto vicino a Renzi ma con un largo consenso anche nelle altre mozioni. L’obiettivo su cui tutti i renziani sono d’accordo, dunque, è cambiare completamente verso al Pd in Emilia-Romagna, dove l’apparato ancora resiste. Un rinnovamento facilitato dai risultati delle Europee – che hanno tributato largo consenso al premier – e dal fatto che in Emilia Romagna, oltre al segretario, si rinnoveranno tutti gli organismi dirigenti.