Oggi si terrà a Taranto un convegno sulle bonifiche ambientali. Una delle relazioni sarà quella della professoressa Valeria Corriero e riguarderà l’applicazione del principio chi inquina paga.

Vivo da sempre a Taranto e fino a un paio di anni fa non ricordo mai di aver ascoltato la frase “chi inquina paga”. Per lungo tempo queste tre parole messe in fila sono state un tabù per la politica di chi ci governava. Tanto che, quando cominciammo a pronunciarle, esse apparirono come uno slogan ambientalista e venivamo derisi come se fossimo degli utopisti con i piedi non piantati sulla terra.

Invece l’articolo 1 della direttiva europea 35 del 2004 recita: “La presente direttiva istituisce un quadro per la responsabilità ambientale, basata sul principio ‘chi inquina paga’, per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale”. E anche l’art 18 della legge n. 349/1986 – la legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente – stabiliva proprio questo principio ben 28 anni fa.

Che cose è allora che ha reso afona la politica che ci ha governato in tutti questi  anni? A cosa è stato dovuto il silenzio reverenziale di fronte a industrie fuorilegge che devastavano i beni comuni? Come mai nei dibattiti televisivi non abbiamo ascoltato pronunciare il principio “chi inquina paga”?

A queste domande – e ad altre ancora – dovranno rispondere i politici che domani molto probabilmente non compariranno ma manderanno i loro avvocati a rappresentarli nell’udienza preliminare del processo Ilva a Taranto.

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