“Mi sento perseguitato. Mi devo difendere dai peccatori che vogliono farmi del male. Sono un illuminato”. Sono queste le parole deliranti che Davide Frigatti ha ripetuto come un mantra al fratello maggiore, che lo ha ospitato per due giorni nella casa di Barlassina in Brianza. La stessa ossessione, il 34enne di Cinisello Balsamo l’ha ribadita durante l’interrogatorio durato fino alle 2 di notte negli uffici della squadra mobile di Milano, dove davanti al pm di Monza Giulia Rizzo ha ammesso in parte le sue responsabilità, alternando momenti di lucidità a istanti di completa confusione. Adesso si trova nel carcere di Monza per l’omicidio di Franco Mercadante e il ferimento di Francesco Saponara e Dario Del Corso. Tre vittime che il grafico 34enne, in prova in un’agenzia pubblicitaria di parco Sempione, ha scelto a caso, durante il suo girovagare tra le strade a nord di Milano. Non lontano da dove andò in scena la mattanza del ghanese Adam Kabobo.
Gli investigatori guidati da Alessandro Giuliano stanno scavando nel passato del killer per capire se soffriva di disturbi psicologici o è stato in cura. E intanto continuano a mettere in fila i tasselli del pomeriggio di follia di Frigatti. La prima vittima entrata nel mirino del giovane è stata Dario Del Corso, 68 anni, pensionato dell’Alfa Romeo. Un testimone di 66 anni ha raccontato alla polizia di aver visto il ragazzo intorno alle 14 di ieri (17 giugno) mentre tentava di aggredire Del Corso che si trovava seduto su una panchina del Parco Nord, la distesa verde che collega il capoluogo con i comuni della cintura settentrionale. L’anziano a quel punto ha raccolto un bastone ed è riuscito ad allontanare Frigatti che pochi minuti dopo, quando il testimone era ormai lontano, si è di nuovo avvicinato a Del Corso aggredendolo alle spalle e sferrandogli una ventina di coltellate probabilmente con un piccolo coltello a serramanico. L’uomo adesso si trova all’ospedale Niguarda dove è in prognosi riservata ma non in pericolo di vita per le numerose ferite, le più gravi sono quelle tra metà fra gola, torace e addome, e un’altra sulla schiena.
E’ stato questo il primo atto della giornata di Frigatti, che poco dopo è tornato nella casa dove vive con i genitori pensionati nel quartiere popolare di Sant’Eusebio a Cinisello. Il padre Gino si accorge che il figlio è in stato di agitazione. Intorno alle 15 e 39, l’uomo si recherà anche al commissariato di Cinisello per segnalare la sua paura. Ma sarà tutto inutile. Perché nel frattempo il 34enne è uscito nuovamente di casa a bordo della Fiat Punto grigia di proprietà della famiglia. Sono le 14 e 43 quando il 34enne arriva al distributore Shell di via Gramsci 609, alle porte di Sesto San Giovanni. Qui individua la seconda vittima: Francesco Saponara, 55 anni, gestore dell’attività appena tornato dalla pausa pranzo. Il ragazzo, secondo gli investigatori, prima di aggredire l’uomo temporeggia, forse è disturbato dalla presenza di altre persone. Poi arriva la coltellata, sempre, secondo la polizia con un coltello a serramanico, che è stato ritrovato poi all’interno della stazione di servizio. L’uomo è ricoverato all’ospedale di San Gerardo di Monza. E’ in prognosi riservata per un’emorragia subaracnoidea e la frattura dello zigomo sinistro, che forse si è procurato cadendo a terra.
Dieci minuti dopo, sono le 15 e 23, il 34enne arriva all’autolavaggio in via De Amicis 52 a Cinisello. E’ qui che va in scena l’epilogo lucido e spietato che rimbalza nella testa di Frigatti per tutto il pomeriggio. Da quando ha iniziato a girovagare per i marciapiedi di Milano in cerca di vittime casuali. Franco Mercadante, 52 anni proprietario dell’autolavaggio, muore trafitto da una coltellata alla gola, immortalata dalle telecamere di sicurezza. A ritrovarlo cadavere pochi minuti dopo, steso in una pozza di sangue, è la collaboratrice della struttura che gli dava una mano con la contabilità. “Ero qua e non mi sono accorta di nulla – ha detto raccontato – Lo chiamavo e lo cercavo, ma non mi rispondeva. L’ho cercato, l’ho cercato e poi l’ho trovato disteso a terra nel piazzale. Pensavo fosse un malore”. L’uomo, sposato e padre di due figli, sarebbe dovuto partire il giorno dopo per una crociera.
Dopo l’omicidio il killer ha lasciato la Punto all’autolavaggio. All’interno i poliziotti hanno ritrovato una maglietta a righe bianche e rosse e un paio di pantaloni sporchi di sangue. Abiti che l’uomo ha indossato nelle prime due aggressioni. Frigatti dopo l’omicidio si è allontanato a piedi dall’autolavaggio, ma un testimone racconta di averlo visto in bicicletta, e ha raggiunto il ponte di Bresso. Qui è stato fermato dagli uomini della polizia scientifica, sul posto per un altro intervento. Che lo hanno trovato mentre vagabondava, nudo. La maglietta e i pantaloni scuri indossati durante l’omicidio sono stati recuperati a poca distanza, chiusi in un sacchetto. Manca ancora l’arma che ha ucciso Mercadate. Secondo gli investigatori si tratta di un coltello da cucina, con una lama larga 4-5 centimetri.
Frigatti adesso si trova nel carcere di Monza. Un ragazzo introverso, lo descrivono gli amici ascoltati dalla polizia. Qualche precedente per furto (nel 1998) e spaccio (a fine aprile 2014 nel suo appartamento erano stati trovati 15 grammi di marijuana e un bilancino) e nel 2003 gli era stata sospesa la patente. Non è chiaro se il 34enne fosse un assuntore abituale di droga. Saranno i test tossicologici a dirlo. Gli investigatori continuano a lavorare per scoprire se alle tre aggressioni di ieri vanno aggiunti altri tentativi che ancora non sono stati segnalati. Intanto emerge che Frigatti già la sera prima aveva parlato in famiglia di una “delusione amorosa” e di una “forza interiore” che aveva trovato grazie alla religione. Il 34enne frequentava una ristretta cerchia di amici, all’interno della quale erano entrate da poco due ragazze. Sembra che il giovane le approcciasse su Facebook, con messaggi o telefonate. Contatti forse troppo spinti, visto che alla fine le due ragazze hanno deciso di troncare ogni rapporto con lui.
Domenica Frigatti si era recato insieme ai genitori al campo della A. C. Cinisellese. Voleva tornare a giocare a pallone. Il papà Gino aveva confidato al presidente Napoleone Drago che “in casa c’era qualche problema”. Ma l’uomo ha raccontato che quel giorno Davide “era solare, mi ha chiesto di poter tornare in campo e di scattargli una foto insieme a mamma e papà”.
Il sindaco Siria Trezzi, sindaco di Cinisello Balsamo ha scritto alle famiglie delle persone aggredite. Quello che è successo non è “un fenomeno locale”, ma “poteva accadere in altre realtà e contesti cittadini. Cinisello Balsamo è una città che da sempre si caratterizza come accogliente e solidale -scrive il primo cittadino-, dai servizi qualificati e all’avanguardia. Questa è la vera identità di Cinisello Balsamo ed è per noi motivo di orgoglio”.