In Nigeria un attentato ha provocato 21 morti e 27 feriti tra un gruppo di appassionati di calcio che si erano riuniti per seguire la partita Brasile-Messico. Dietro l’attacco potrebbe esserci ancora una volta l’organizzazione terroristica Boko Haram. Poco dopo il fischio di inizio un attentatore suicida si è fatto esplodere in mezzo alla folla di tifosi che si trovavano davanti uno schermo all’aperto in una cittadina nello stato di Yobe, nel nord della Nigeria. Il timore delle autorità nigeriane si è dunque avverato. Il governo ha già dichiarato lo stato di emergenza in tre stati. Tutti gli indizi, comunque, portano all’organizzazione islamista, che nei giorni scorsi aveva più volte minacciato attentati, tanto da spingere le autorità a vietare di vedere all’aperto il match d’esordio tra Nigeria e Iran. Decisione che aveva creato malcontento tra la popolazione, ma che si è rivelata assolutamente fondata. D’altronde non mancavano i precedenti: all’inizio di giugno un altro attentato aveva provocato la morte di 40 persone che stavano assistendo a una partita locale di calcio a Mubi, nello stato di Adamawa.
Boko Haram, infatti, ha più volte condannato il calcio, apostrofandolo come uno degli strumenti con cui l’Occidente cerca di corrompere i fedeli e distruggere l’Islam. Il gruppo, che nell’aprile scorso ha rapito 200 ragazze e le tiene ancora segregate, vuole istituire uno stato islamico nel Paese e intende eliminare ogni retaggio occidentale, dal pallone alla musica. I tifosi di calcio sono dunque considerati come ‘peccatori’, motivo per cui le autorità aveva ordinato la chiusura dei cosiddetti ‘viewing center’, per evitare raduni numerosi davanti ai maxischermi.
In alcuni video il capo della sanguinaria setta, Abubakar Shekau, ha pubblicamente condannato lo sport, portando avanti una campagna parallela a quella degli Al Shabaab in Kenya, dove in questi giorni hanno perso la vita 49 persone che si erano riunite in alcuni locali città costiera di Mpeketoni, nell’est del Paese. I militanti islamici hanno rivendicato la responsabilità dell’attacco con un comunicato affermando che l’azione è una risposta alla “brutale oppressione dei musulmani in Kenya” messa in atto da Nairobi. I militanti hanno inoltre avvertito i turisti di stare lontano dal Kenya, affermando che il Paese dell’Africa orientale un tempo pacifico “è ora ufficialmente una zona di guerra”.