Se non è Facebook a ingenerare questi mostri, perlomeno contribuisce a connotarli, come un utilissimo evidenziatore. E’ il tempo dei mostri su Facebook, chiamati troll per un’inesatta convenzione.

Mostri che grondano il sangue degli innocenti, nel loro stupido profilo in aeternum. E anche altri mostri. Non smettono di delinquere questi altri o trucidare pur senza roncole o picconi in mano Non sfuggono all’assunto quelli che hanno insultato, minacciato di morte, allegando varie irripetibili oscenità, la giornalista e scrittrice Francesca Barra. Non è solo sessismo, alla congiura hanno partecipato anche le donne, con profili ordinati, non so come dire, con facce rassicuranti, talvolta talmente da sfiorare la noiosa assenza del beota, la sfuggente mediocrità che procura uggia verso se stessi e il mondo. Ma tanto è.

Mostri con attributi ordinari, vallo a spiegare ai lombrosiani. E’ accaduto questo: Francesca Barra pubblica su Facebook un post in cui, dopo i fatti di Motta Visconti la cattura dell’assassino di Yara Gambirasio, riflette sulla nostra correità, sull’evidenza che in definitiva i colpevoli non sono rom, stranieri, neri, gli altri insomma, lontanissimi da noi. Scrive: “Cosa ne dite del fatto che ad uccidere madre e due figli, come per Yara, siano stati italiani e non extracomunitari? Non zingari?”. Esattamente. Da Novi ligure in poi l’avremmo dovuta capire sta cosa. Il post di Francesca finisce poi in una pagina chiamata: “Comunisti dove?”, per inciso abbastanza patetica l’istanza ideologica. Lì succede di tutto. Notiamo la nobiltà di un tale che così commenta: “Spero che qualche rom la stupri poi vediamo se parla ancora così sta troia”. Un altro le consiglia di comprarsi una pistola (e spararsi), un altro di portarseli a casa, rom, neri eccetera. Con tutto lo spregio delle zucche vuote che non riconoscono l’altro, nauseati dall’altro, l’altro in quanto simile a se stessi.

Eppure verrebbe da consolarli, usate un metro diverso, esser se stessi non equivale necessariamente a una stratificazione di escrementi no stop. Di una categoria – i troll – farne un genere umano: peccheremmo di superbia. E poi le donne, si sono dedicate con dovizia nel commentare innominabili pulsioni, volgarità  in definitiva, mai lette così tante e soprattutto così tante pronunciate da donne. Un altro tizio scrive: “Inculati te e gli zingari”. E così via. Perdonate quanto riferito, sono meschinità da verbalizzare soltanto perché poi si possa serenamente denunciare alla polizia postale, perché questo immenso distributore di parole no-sense, a disposizione delle zucche vuote, normativizzato, torni a essere il più straordinario comunicatore di massa, come ha osservato lo scrittore Giuseppe Piazza.

Francesca Barra non ha mai nascosto la sua predilezione per le minoranze, per i poveri, dice che le basterebbe salvarne uno, che è un suo obiettivo, forse romantico aggiunge. Questa è Francesca Barra. Minacciata di morte, perché? Perché secondo costoro, una specie di schwarzer block del web, immigrati e rom potrebbero finire in un bel falò senza colpo ferire. Il buonismo è una porcata, berciano ancora, altri indicatori di una strana umanità, cioè altri commentatori. Ecco anche questi siamo noi, ci piaccia o meno. Sono troll? Mostrano nome e cognome tuttavia, coraggiosi o idioti, bisogna ancora capire. Identificabili comunque. Le foto circolano in rete, le foto intendiamo della conversazione, a scanso di equivoci qualcuno pensasse innocentemente di farla sparire. Inchiodati, presi. Adesso, sono rogne amici, senza colore, non rogne nere o rom, rogne e basta.

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