La Commissione europea apre la procedura di infrazione contro l’Italia per mancata applicazione della direttiva sui ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione. E subito si apre una partita  tra la Dinamo di Peppone e la Gagliarda di don Camillo. Anzi, neppure: siamo agli Scapoli contro Ammogliati della polemica politica.

Antonio TajaniPerché fra quanti contestano il vice-presidente dell’Esecutivo comunitario Antonio Tajani, il responsabile dell’industria che ha messo in moto la procedura, e quanti lo difendono, ben pochi stanno ai fatti: l’Italia non rispetta, non ha mai rispettato, la direttiva dell’Ue sui pagamenti della PA nonostante una teoria di promesse che va di Governo in Governo da Monti a Letta a Renzi.

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il sottosegretario alle Politiche europee Sandro Gozi parlano di “decisione incomprensibile” e denunciano la “strumentalizzazione” dell’Ue: Forza Italia difende il suo campione, respingendo le critiche come “inconcepibili”.

Ora, è vero che Tajani è stato capolista di FI al Centro nelle elezioni europee, è stato eletto e siederà, dal 1° luglio, nel Parlamento europeo nel gruppo Ppe. E’ cioè agli sgoccioli del mandato e, con un po’ di opportunismo, avrebbe potuto vivacchiare e lasciare la decisione sulla procedura d’infrazione al suo successore. Ma davvero noi vogliamo in Europa gente che vivacchi?

Negli ultimi mesi, moniti e avvertimenti erano fioccati sul Governo italiano. E l’avvio ufficiale della procedura comunitaria non può avere sorpreso nessuno. Né a Roma né a Bruxelles.

Che poi non si capisce neppure bene perché prendersela tanto calda per una procedura in più: quelle a carico dell’Italia sono 117 – dato ufficiale del Dipartimento delle Politiche europee: un record, nell’Ue – e continuano ad aumentare (a maggio erano 114). Un biglietto da visita non ideale per chi, il 1° luglio, assumerà la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione.

La direttiva sui pagamenti della PA, in vigore dal 16 marzo 2013, fissa un termine massimo tra i  30 e i 60 giorni, a seconda dei casi, per liquidare i crediti delle imprese. L’Italia ha formalmente recepito le regole ma di fatto non le osserva: gli esiti del monitoraggio attivato da Tajani, tramite Ance e Confartigianato, indicano che “in Italia le autorità pubbliche impiegano in media 170 giorni per effettuare pagamenti per servizi o merci fornite e 210 per lavori pubblici”. E passano i mesi senza che la situazione migliori.

Non basta. Bruxelles denuncia una serie di pratiche scorrette per aggirare le regole comunitarie. Esempi, l’utilizzo di contratti nei quali gli interessi di mora sono liquidati in misura inferiore rispetto a quanto impone la direttiva (il tasso di riferimento della Bce aumentato dell’8 %); o vengono posticipati gli stati di avanzamento dei lavori per ritardare i pagamenti alle imprese.

Allora, questa procedura d’infrazione ce la meritiamo o no? Se qualcuno al Governo ha dati che dimostrino il contrario, li esibisca, per favore. Prendere a pallonate di parole Tajani e l’Ue fa solo polverone.

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