Secondo gli inquirenti il prefetto avrebbe tenuto nascosti alcuni atti anticipando le gare di appalto, impedendo di fatto ad alcune ditte di prendervi parte. L'inchiesta scattata dopo le denunce dell’ex direttore generale della sezione mezzi e servizi del Dap, Alfonso Sabella. L'indagine per corruzione partita da esposto del ministro Orlando
Piano carceri nel mirino della Procura di Roma che indaga su un presunto giro di appalti e mazzette. Una nuova tempesta giudiziaria che si abbatte sull’Amministrazione della giustizia e coinvolge pezzi dello stato e imprenditori. Sullo sfondo il business dei lavori di ristrutturazione delle carceri.
L’inchiesta accelera e con le perquisizioni al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e presso gli uffici del commissario straordinario al Piano Carceri, segna un punto di svolta. Una vicenda giudiziaria che ha avuto come impulso anche una denuncia presentata ai magistrati di piazzale Clodio dal numero uno di via Arenula, Andrea Orlando. Proprio ieri il ministro aveva dichiarato di “aver avviato un’indagine ispettiva sugli appalti per le carceri e sul Piano Carceri”. Indagine partita un mese fa e condotta con il coordinamento dell’autorità giudiziaria. Al momento sono nove le persone finite nel registro degli indagati nel procedimento coordinato dai pubblici ministeri Paolo Ielo e Mario Palazzi.
Il nome che spicca è quello del prefetto Angelo Sinesio, attualmente commissario straordinario al Piano Carceri: è indagato per falso, abuso d’ufficio e diffamazione. Il suo nome è legato a quello dell’ex ministro Annamaria Cancellieri: Sinesio era il vice a Catania quando lei era prefetto, poi è stato capo della segreteria tecnica al Viminale quando lei era ministro dell’Interno, ed è stato nominato commissario del piano carceri nel dicembre 2012, quando Cancellieri era ministro della Giustizia. Grande accusatore del prefetto è Alfonso Sabella, già pm antimafia a Palermo e funzionario al ministero della Giustizia. Fu lui a novembre, dopo la presentazione alla Camera del piano sui penitenziari da parte di Sinesio, a denunciare sprechi e anomalie.
Secondo le ipotesi degli inquirenti, Sinesio è accusato di falso perché avrebbe truccato le carte rispetto ad un decreto per la rifunzionalizzazione del carcere di Arghillà (Reggio Calabria) mentre il reato di abuso d’ufficio è contestato al prefetto perché avrebbe operato “un artificioso frazionamento delle opere relative” allo stesso penitenziario creando due distinte gare. La prima per le cosiddette opere interne, per circa 3,5 milioni di euro; e la seconda per 4,5 milioni “così eludendo la procedura obbligatoria per gli appalti sopra la soglia dei 5 milioni” prevista dalle norme e “così da scegliere le ditte da invitare”. Al commissario è contestato anche il reato di diffamazione. Il prefetto, infatti, nel corso di un’audizione davanti alla commissione giustizia alla Camera, nell’ottobre scorso, avrebbe accusato “ingiustamente di incapacità ed inefficienza” proprio Sabella, all’epoca direttore generale delle risorse materiali al Dap. Sinesio avrebbe citato, inoltre “dati non veritieri, così da offendere” la reputazione dell’ex magistrato.
Con Sinesio sono indagati anche una serie di imprenditori e funzionari pubblici. Tra questi “Sergio Minotti, 50 anni, direttore dei lavori per il nuovo padiglione del carcere di Voghera, che secondo l’accusa avrebbe agito, in concorso insieme con la funzionaria del Prap (il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria), Raffaella Melchionna”. Entrambi sono accusati di corruzione. Secondo l’accusa “per lo svolgimento delle loro funzioni di controllo nell’esecuzione dei lavori, in violazione dei doveri di imparzialità della pubblica amministrazione, gli indagati ricevevano dalla ditta aggiudicataria dei lavori ‘Devi Impiantì, riconducibile a Gino Pino e Davide Pino, utilità consistenti” per attribuire “contratti di forniture alla ‘Me.Ta Costruzioni’ della quale è amministratore e socio unico Marco Melchionna, padre di Raffaella, e responsabile tecnico Antonio Melchionna, fratello della stessa e figlio di Marco Melchionna”. È indagato per tentata corruzione invece Carmelo Cavallo, funzionario del Dap, per tentata corruzione. Quest’ultimo, inserito nella struttura del commissario straordinario, “avrebbe indotto un imprenditore a dare soldi in cambio della partecipazione, con legittime possibilità di vittoria, alle gare per forniture di sistemi di difesa per il ministero della giustizia”.