L’Italia diventa un paese sempre più giustizialista. Forse lo è sempre stato, però non ricordo un ministro di altre legislature proporre un tweet in cui dava dell’assassino a una persona che non era stata ancora condannata.
Non si può fare a meno di ricordare il caso Girolimoni, la gogna, il mostro in prima pagina, una vita distrutta, con tutte le conseguenze che ne sono derivate. Oggi non si può dire se si tratta di colpevoli o innocenti. La giustizia faccia il suo corso. Ma quella giustizia non può essere celebrata sui media che oramai trattano i casi di cronaca come fosse gossip a basso costo.
La giustizia e i processi non possono certo iniziarli e concluderli i blog o le pagine su facebook dove gente senza scrupoli non solo immagina di avere potere di vita o di morte, senza curarsi dell’effetto sconvolgente che la violazione della privacy ha su tante famiglie coinvolte, ma si permette di allargare perfino lo stigma a chi non è d’accordo sulla gogna, sui linciaggi mediatici, sulla voglia di forca in generale.
Io che odio vedere quelle fotografie con l’espressione torva, messe lì apposta per rappresentare il mostro secondo stereotipi di lombrosiana memoria, io che attenderei le sentenze prima di esprimere un giudizio su qualcuno, io che non rovinerei la vita di famiglie che vengono investite da tanto clamore e tanta invadenza, e sempre io che non capisco come oggi nessuno storca il naso mentre tutto il mondo parla, ancora, nel 2014, di “figli illegittimi”, con l’ovvia conclusione che a subire un processo ulteriore sia una donna per una presunzione di colpevolezza che riguarda anche lei, e dunque io e chi la pensa come me e auspica maggiore rispetto, garantismo, meno voglia di propaganda istituzionale e politica consumata come sempre sulla pelle delle ragazzine o delle donne morte, a momenti vengo definita complice, collusa, con quegli esseri violenti da condannare in blocco, uomini, assassini, stupratori, tutti quanti, solo sulla base di una accusa.
In Italia non conta più la presunzione di innocenza, oggi sei colpevole fino a prova contraria, e tutti si improvvisano scienziati e criminologi, tutti sanno cos’è il dna solo per averlo appreso nelle serie tv americane, altrettanto giustizialiste, tutti pensano di avere il diritto di dire la propria, di amplificare la gogna, di non dare tregua alle persone citate, familiari inclusi, fintanto che la voglia di forca non è sazia.
Io temo fortemente questo umore che per me è autoritario. Temo questa maniera di considerare la giustizia come strumento di vendetta sociale e per le gogne è grave che si ritenga utile dare in pasto nomi, cognomi, volti di persone come se sulla loro pelle fosse utile realizzare la catarsi per un’Italia che diversamente dovrebbe pensare ai propri drammi.
Non so se la persona fermata sia colpevole o innocente, la sua famiglia immagino non lo sia e devo dirmi ammirata nei confronti della famiglia di Yara Gambirasio per la dignità, riservatezza, per il rispetto e per essersi sempre sottratti alla spettacolarizzazione. Tanta ammirazione e vicinanza a loro. Tanta vicinanza e rispetto anche per le famiglie coinvolte in queste ore.
Ps: alle donne che vorrebbero far indossare fasce a lutto ai calciatori contro il femminicidio sarà mai venuto in mente di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla deriva giustizialista che anche i contesti che lottano contro la violenza sulle donne hanno intrapreso?