“Se una mamma non s’accorge che suo figlio si droga per me è una mamma fallita. Si deve solo suicidare”. Questa frase (e tante altre di tono e tenore analogo) portano il copyright Antonio Reppucci, vulcanico prefetto di Perugia, che in una conferenza stampa istituzionale dell’altro ieri -alla quale hanno preso parte anche vertici locali dell’Arma e delle Fiamme Gialle- ha rotto il (dovuto) linguaggio formale per lasciarsi andare ad una carrellata di incredibili dichiarazioni, tanto assurde, banali e fuori contesto da far sembrare Carlo Giovanardi un politico ragionevole.
“Mio figlio si è solo fatto uno spinello” alcune madri tendono a minimizzare. Mio padre – ha garantito Reppucci – “mi avrebbe tagliato la testa. Spero che qualche umbro tagli la testa al figlio. E invece i genitori dei circa cinquecento assuntori segnalati ogni anno alla Prefettura tendono a giustificare i figli: è solo uno spinello”. (Video)
Ecco, il punto è proprio questo: Antonio Reppucci non è un politico mentre le sue dichiarazioni, – il dito puntato contro le famiglie, la banalizzazione del dibattito sulle droghe, il dileggio agli antiproibizionisti- in assenza totale di argomenti, farcite poi con un tono paternalistico-istituzionale adatto probabilmente più all’antica figura del podestà che non al Prefetto dell’Italia repubblicana, sono invece assolutamente politiche.“Al di la di queste ultime “trovate…droga leggera.. droga pesante…” Che secondo me hanno portato altri tipi di disorientamento. Magari nel giovane si crea il convincimento che la droga leggera è na strunzata. Sempre droga è”
Dichiarazioni, per giunta, che rischiano di minare quel concetto di “imparzialità” che dovrebbe guidare l’azione amministrativa: il prefetto Reppucci in qualità di rappresentante del governo, dovrebbe sapere che le sue posizioni vetero-proibizioniste non rappresentano che una componente minoritaria dell’attuale compagine governativa. E che il concetto di distinzione tra droghe “leggere” e “pesanti” non è solo accettato ampiamente a livello internazionale ma è parte di un dibattito nazionale che vede, per la prima volta nella storia repubblicana, una maggioranza trasversale concettualmente non ostile ad una qualche forma di regolamentazione della cannabis e dei suoi derivati. Persino più sorprendente poi, è l’attacco frontale alle “madri” con quel “le famiglie sono il cancro”: come se fumare una canna e avere problemi con l’eroina fossero la stessa cosa e la “colpa” fosse assolutamente delle famiglie; poco autoritarie.
Le madri dei giovani olandesi o di quelli del Colorado, luoghi dove la vendita di cannabis è regolamentata, cosa dovrebbero fare allora? Mettere in atto un suicidio di massa come a Jonestown? Non contento, al termine del suo discutibile intervento, ha rincarato la dose “Dopo mezzanotte vedo tutti questi giovani con bottiglie in mano vuote, tutti a bere. Se avessi un figlio, e lo vedessi in quelle condizioni, lo prenderei a schiaffi.” Il profilo, molto ottocentesco, di società e di famiglia tradizionale che emerge dalle parole di Antonio Reppucci non trova alcun riscontro se non nei libri di storia e ricorda molto da vicino il processo di costruzione mediatica del “tossicomane” nell’Italia degli anni ’70, cosi come lo ha raccontato Guido Blumir -massimo esperto italiano di sociologia nel campo del consumo di droghe- nel suo celebre ‘La Droga e il sistema‘; Blumir descriveva allora nella sua opera, la criminalizzazione di un’intera generazione di giovani etichettati come “capelloni” e “depravati” dalla stampa e dalle istituzioni. 40 anni dopo, il prefetto di Perugia usa le stesse categorie e gli stessi triti luoghi comuni, travalicando ampiamente i suoi compiti istituzionali (che non sono certo quelli di decidere le politiche sulle droghe o di criticare -in veste ufficiale- come fosse un leader politico, questo o quell’orientamento).
Indipendentemente dall’esegesi delle sue parole che resterebbero macigni anche volendo utilizzare la più generosa delle “contestualizzazioni”, una conferenza stampa istituzionale di vertici amministrativi non è luogo dove fare comizi. Se Reppucci volesse entrare in politica, potete giurarci, qualcuno a Modena lo accoglierebbe a braccia aperte. Ma se queste fossero le sue intenzioni, farebbe bene a rassegnare prima le dimissioni da prefetto.