Con questo pezzo inauguro la formula del “blog on demand”. Un gentile lettore mi garantisce bontà nel commento in cambio del fatto che parli di Trani, la mia Città. Un invito che colgo al volo, visto che ho scelto di tornare a vivere in questo sperduto angolo del Mediterraneo preferendolo addirittura a Zurigo. Ebbene, caro “amico” questa è Trani…raccontata in un mio pezzo approfittando di una delle “tante feritoie della notte”…
La pietra liscia e scolpita irregolarmente da sapienti mani artigiane, ti conduce in luoghi magici. Le strade mantengono ancora antiche indicazioni, per cui se sei su un viale tutto lastricato di chianche bianche, vuol dire che percorri una strada interna alla città, se invece ti accorgi che la strada è lastricata da pietre nere contenute in una cornice bianca, vuol dire che essa ti conduce fuori dalle mura. Camminando, ti accorgi che ti avvii in strettoie e scorci mutanti a seconda della luce, e se entri al mattino nel centro storico, decidendo di uscirne la sera all’imbrunire, nessun luogo ti parrà uguale o riconoscibile. La luce del sole eccita la pietra bianca ed i manufatti, quella calda della sera li rende affascinanti ed intriganti che ti pare di essere ora a Barcellona, ora ad Amalfi, invece sei a Trani in quell’Adriatico che profuma di sale e di vino buono per l’estate.
I tuoi passi cominciano ad adeguarsi alla dolce lentezza che ti impone la vista inconsueta di balconcini in ferro battuto, sempre diversi e testimoni di una frenetica vita nell’interno delle case del centro storico. La gente ti appare gioviale e simpatica, disponibile a darti una indicazione a farsi due chiacchiere in libertà perché il tempo aspetta e nulla è definitivo. Dai sottani un forte odore di favetta ti invita a tavola, e la signora seduta davanti ti spiega come si cucina, e quanto importante è trovare i “sivoni”, antica verdura che si accoppia al legume meglio di ogni altra cosa.
L’olio ci mette il resto, ma se un giorno riuscirai a provare questo piatto originale gustato con pane croccante dentro un sottano del porto, assaggerai cent’anni di storia in un solo attimo. Ti lasci trascinare dai vicoli, un po’ a caso, ma seguendo il filo della pendenza che porta giù al mare, come nei carruggi genovesi, ti fermi a bere in queste fontane in ghisa mettendoti in coda con i bambini trafelati che hanno appena cominciato a giocare nel piccolo cortile delle eleganti palazzine. Una volta, questi androni , servivano per l’entrata delle carrozze, oggi spesso ospitano eventi artistici: concerti, danze, recital durante l’estate tranese, che conta fino a trentamila visitatori ogni sabato sera. Cammini e ti accorgi che scale, archi chiese, posseggono un filo conduttore comune: la ricerca della bellezza nell’unicità. Nessun luogo è uguale all’altro ma si percepisce una omogeneità dovuta proprio alla ricerca del bello a tutti i costi, per cui tra battenti dei portoni, attrezzi in pietra apparentemente di addobbo, ma con una intrinseca funzione antica, ti si rivela uno dei centri storici più interessanti del mediterraneo.
Quattro passi in là e ti si apre allo stupore il porto con le sue barche ormeggiate, e la sagoma del molo arcato sulla destra. Tutt’intorno localini bellissimi densi di ospiti indaffarati su aperitivi quasi sempre a base di pesce fresco e frutti di mare dai colori accattivanti. Ti guardi attorno e ti accorgi che qui la bellezza e di casa, e muovendo lo sguardo a sinistra scorgi il campanile bianco della Cattedrale che sovrasta il luogo, come una vigile sentinella del bello. Sullo sfondo, lontano, il Gargano disegna sagome ancestrali sul mare e annuncia un filo d’orizzonte nitido che arriva fin lungo le coste balcaniche. Le nuvole corrono veloci sospinte da una brezza continua lungo un cielo azzurro che abbaglia e rasserena. Qui piove di rado sembrano dirti, mentre frettolosamente guadagnano ora il sud se è tramontana ora il nord se è scirocco o l’interno se è maestrale o grecale. E così le onde del mare, seguendo l’eterno andamento del vento che disegna la costa e l’umore dei tranesi. Se c’è una terra in giro, bella come questa fatecelo sapere, ti dicono i tranesi che intanto a Trani ci restano senza spostarsi tanto, come tutta la gente di mare e di porto, abituata ad aspettare che qualcuno arrivi dall’orizzonte e porti carico, ma orgogliosi del proprio luogo dove la vita è bella.