Capelli bianchi, occhi vivaci, linguaggio chiaro: Bernard Ollivier è un bel signore di 76 anni . Lo incontro al Festival della Viandanza, dove è venuto a parlare del suo metodo di rieducazione dei giovani criminali: tre mesi di cammino in un paese straniero con un educatore. L’idea gli è venuta constatando sulla propria pelle a sessanta anni che fare il cammino di Santiago lo aveva fatto recuperare da una depressione per cui aveva contemplato il suicidio.
In cammino aveva sentito parlare di un progetto belga di rieducazione e decise due cose: continuare a camminare e creare qualcosa del genere in Francia. A sesssantaquattro anni fece la grande marcia verso Pechino: i libri in cui la raccontò vendettero moltissimo e con sessantamila euro fondò l’associazione Seueil, la soglia. Il progetto era semplice, dopo alcuni aggiustamenti: un adolescente invece di scontare la pena in un carcere minorile, accetta di partecipare a questo programma, che prevede un cammino di tre mesi all’estero con un educatore. Ollivier sostiene di non avere inventato nulla . E’ una prova di iniziazione, come quella a cui si sottoponevano i giovani guerrieri tra gli indiani d’America.
I tassi di recidiva tra i giovani delinquenti che escono dal carcere sono dell’ottanta per cento, tra quelli che accettano di partecipare a questa “riabilitazione camminata” sono solo del venti per cento. L’ educatore cammina con l’adolescente in un paese straniero: Italia, Spagna , Germania. Non sono rose e fiori, ci sono crisi profonde, ma alla fine l’autostima del ragazzo o della ragazza cresce enormemente: ero uno zero, ora sono un eroe, dice un ragazzo che a sedici anni era già finito una cinquantina di volte davanti al giudice. Non è da tutti fare quasi duemila chilometri a piedi. E quante cose si imparano su se stessi, sugli altri, sul mondo in un’esperienza del genere ?
Un ragazzo alla volta, solo ventiquattro l’anno. E i costi per la giustizi? Un budget di 14 euro al giorno ciascuno per l’educatore e per il ragazzo, cinque volte meno del costo pro capite in carcere.
I ragazzi e le ragazze possono essere colpevoli, ma sono vittime al tempo stesso e il carcere non rieduca , lo sappiamo benissimo. Perché uno solo? Perché due sono già una banda, spiega Ollivier : si coalizzerebbero contro l’educatore o litigherebbero tra di loro. Lungo il cammino sono incoraggiati a conoscere gli altri viandanti, a scoprire che gli adulti non sono tutti nemici.
Olivier ha visto nascere progetti basati sulla sua esperienza in Polonia, in Svizzera, nella Corea del Sud: qualcuno ci sta pensando in Italia. Sarebbe bello.