Il fratello Alberto, che l'8 novembre 2013 parlò con l’imprenditore Vincenzo Mancuso della possibilità di fuga di Marcello. Intanto l'ex senatore dal carcere avverte “Più libri, altrimenti farò lo sciopero della fame"
La Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati Alberto Dell’Utri, fratello dell’ex senatore rientrato dal Libano il 13 giugno scorso. Ad oggi, mentre Marcello Dell’Utri si trova in carcere a Parma, altri guai arrivano in famiglia. Il fratello gemello, Alberto, è finito nel mirino degli inquirenti romani che indagano su un presunto riciclaggio. Nati entrambi l’11 settembre del 1941, Alberto, diversamente dal fratello, ha intrapreso gli studi di ingegneria. Con Marcello, entrò in rapporti con il finanziere siciliano Filippo Alberto Rapisarda (deceduto nel 2011) che poi è diventato anche il loro grande accusatore. Alberto ha diretto, tra le tante società, anche la Venchi Unica 2000, che gestiva l’omonimo gruppo dolciario. Un’avventura finita nel 1979 quando la procura di Torino ha ordinato l’arresto di Alberto Dell’Utri e di Rapisarda che però fuggì a Parigi con un passaporto falso. La vicenda della bancarotta finì nel 1990 con un proscioglimento per Alberto Dell’Utri. Adesso però sembrano esserci guai nell’ambito di una delicata inchiesta, di cui sono titolari il pm Michele Prestipino e il sostituto Francesco Minisci, che sarebbe partita mentre gli inquirenti indagavano sugli affari di Gianni Micalusi, il patron dell’Assunta Madre, ristorante nel centro di Roma. Gianni Micalusi, conosciuto a politici, vip e manager come Johnny, è indagato per riciclaggio. Il suo ristorante è diventato ancora più noto dopo che la squadra mobile, guidata da Renato Cortese, aveva piazzato una serie di cimici nel privè.
È qui che l’8 novembre 2013 Alberto Dell’Utri e l’imprenditore Vincenzo Mancuso avevano discusso insieme della possibilità di fuga di Marcello in Guinea Bissau o in Libano. Una conversazione (trasmessa poi dalla Procura di Roma ai colleghi di Palermo) che ha fatto scoprire il tentativo di fuga del senatore che intanto aspettava la sentenza della Cassazione. Quell’8 novembre (vale la pena ricordare la conversazione) tra un crudo e l’altro, Alberto Dell’Utri parlava di questo con l’imprenditore Mancuso: “Marcello – dice Alberto nella conversazione finita nei nastri della procura – dieci giorni fa ha cenato a Roma con (…) un politico importante del Libano che è stato presidente e che adesso si candida per le prossime elezioni in Libano e il 14 novembre, giovedì dovrebbe andare a Beirut, per vedere… Gennaro (Mokbel) gli ha detto: ‘Non lo fare, perché lui è di famiglia libanese e conosce, questo personaggio africano molto bene … dice, non ti fidare!’”. Prosegue Alberto: “Il Libano è una realtà molto particolare maroniti, musulmani (Mokbel, ndr) giustamente, mi consigliava di non andarci adesso e soprattutto di non lasciare traccia”. Due consigli non seguiti. Quello che è successo dopo è noto: la conferma della condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno da parte della Cassazione, il soggiorno dell’ex senatore in un ospedale libanese, la richiesta di estradizione, il rientro a Fiumicino e la prigione. Qui, detenuto nell’infermeria del carcere di Parma, si trova da più di una settimana Marcello Dell’Utri. Ieri lo ha incontrato un suo amico di vecchia data, il deputato di Forza Italia Elio Massimo Palmizio che conosce Dell’Utri dal “dicembre del ’92 – ha raccontato raggiunto dal Fatto – quando lui era il mio capo in seconda a Publitalia”.
Dell’Utri, a differenza dei primi giorni, racconta il deputato Palmizio, ha ormai accettato l’idea di dover trascorre in carcere qualche anno della sua vita. Ha una richiesta però: “Vuole alcuni libri su cui studiare. Il regolamento del penitenziario gli impedisce di avere in cella più di due libri alla volta. Per questo lui è molto arrabbiato: se non gli danno i libri dice che smetterà di mangiare”. Massimo Palmizio era già andato dall’ex senatore la scorsa settimana e assicura di ritornarci una volta a settimana: “lui farebbe lo stesso per me.” “Prima – racconta – lo avevo visto molto dimagrito, ora è molto più combattivo nel senso che si è reso conto e non ha paura a scontare la pena. Ora vuole concentrarsi sulla traduzione di alcuni testi dal francese e per questo ha chiesto un dizionario. Secondo il regolamento, il vocabolario è considerato come un libro”. La questione “libri” sarà oggetto di un’interrogazione parlamentare. “Voglio intervenire – continua Palmizio – non solo per lui, ma per tutti i detenuti. Inoltre ho scoperto che per legge le infermerie devono essere climatizzate. A Parma questo non avviene”. E anche il problema dei “climatizzatori” verrà portata in Parlamento. “Dell’Utri sarebbe disponibile a rinunciare alla tv, – conclude il deputato – all’ora di socialità diurna pur di riavere i suoi libri. Se non ci riesce, farà lo sciopero della fame”.
E così mentre l’ex senatore dietro le sbarre cerca un modo per affrontare giorni interminabili, il fratello Alberto e i suoi affari finiscono nel mirino della Procura di Roma. Ma l’indagine, condotta con attenzione dai pm, è tenuta sotto stretto riserbo.
Da Il Fatto Quotidiano di domenica 22 giugno 2014