“Se ne può discutere, ma non è un punto centrale”. “Si può approfondire, vedremo”. “Non mi sono fatta un’opinione, se ne potrà discutere”. Boschi, Guerini, Serracchiani. Tre frasi per tre rappresentanti dell’ortodossia renziana (di governo e di partito) che sintetizzano la linea sul tema dell’immunità reintrodotta per i senatori post-riforma, cioè consiglieri regionali e sindaci. La reintroduzione targata Finocchiaro-Calderoli delle garanzie per i componenti di Palazzo Madama, ha provocato ieri una spaccatura all’interno del Partito democratico, con una levata di scudi da parte della sinistra del partito (da Civati a Chiti) ma non solo (Sandra Zampa). In prima battuta gli esponenti più vicini al premier Renzi non si sono esposti, mentre leggendo i giornali di oggi non mancano interviste in cui la linea emerge con chiarezza: prendere le distanze, lasciare intendere un possibile cambiamento, ma senza condannare a priori il provvedimento.
Da questo punto di vista le parole più nette arrivano, su Repubblica, da Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme. Il punto dell’immunità per i senatori, dice, “si può discutere ma non è centrale“. Boschi chiama fuori l’esecutivo e non risparmia una frecciata ai “costituzionalisti” già oggetto di critiche in fase di scrittura dell’Italicum. “Il governo aveva fatto la scelta opposta. In commissione, viste anche le maggiori competenze di Palazzo Madama, molti hanno chiesto di mantenere l’immunità. E alcuni costituzionalisti condividono. Mi dispiacerebbe comunque se questa sensibilità assolutamente legittima offuscasse la portata di questa riforma”. Quando si sente chiedere se questa misura non possa essere un privilegio di Casta frutto dello scambio con Berlusconi, Boschi si indigna: “Ma quale scambio! Berlusconi è fuori dal Senato da alcuni mesi e quindi non c’entra. La richiesta dell’immunità non è una condizione chiesta da Forza Italia. E’ emersa durante i lavori ed è stata sollevata da diverse forze politiche”. E comunque il ministro precisa: “La mia idea è molto chiara, niente immunità per non creare un’incomprensibile differenza con gli altri consiglieri regionali”. Da qui si arriva al “si può discutere”, derubricando il punto a “non centrale”.
Stesso tenore, anche se con una formula più sbrigativa, per il portavoce della segreteria Pd Lorenzo Guerini, che su La Stampa si distingue dal ministro soprattutto per l’uso della parola “guarentigie”. Anche lui conferma che non si tratta di un elemento centrale,. Anche lui apre a possibili modifiche ma- come il ministro – non vuole farsene promotore: “L’immunità per i senatori è la proposta dei relatori, la ratio credo sia quella di equiparare le guarentigie dei senatori a quelle dei deputati, dopodichè i rilievi di Civati hanno una loro dignità, credo sia opportuno nel dibattito parlamentare si approfondirà la questione. Vedremo il confronto. Non è comunque questo l’elemento su cui ruota la riforma e la sua tenuta”.
Terza intervista, questa volta sul Corriere della Sera, per Debora Serracchiani, vicesegretario Pd e presidente della Regione Friuli. Serracchiani parla, in generale, di “una riforma che cambia il volto del Paese” (e precisa che le riforme si fanno con chi ci sta, difendendo l’asse con Forza Italia). E aggiunge: “Una riforma vera, corposa. Un fatto epocale“. A proposito dell’immunità e delle polemiche che sono seguite, il vice-segretario dice: “Nel testo del governo non c’era, è stata aggiunta dai relatori. Non mi sono fatta un’opinione sul tema, se ne potrà discutere in seguito”. Insomma, la linea Boschi-Renzi è confermata: nessun affondo, ma anche nessuna proposta di cambiamento (motivata, in questo caso, dall’assenza di un’opinione).
Il controcanto alle parole di Maria Elena Boschi arriva arriva da Giulia Bongiorno, ex presidente della Commissione giustizia alla Camera: “Se Pd fa riforme con Berlusconi significa che si adegua alla sua idea di giustizia. Boschi non può dire non volevo immunità. Troppo facile”.
DI MAIO: “COLPO DA BRIVIDI” – “Sembra incredibile ma a distanza di 10 anni il padre del porcellum Calderoli, colui che ideò la Legge elettorale più incostituzionale della nostra storia, mette a segno un altro colpo da brividi: l’immunità parlamentare per sindaci e consiglieri regionali che siederanno in Senato”. Lo scrive il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5S), sul blog di Beppe Grillo. “Nel Movimento 5 Stelle – ricorda Di Maio – i nostri parlamentari hanno finora sempre rinunciato a qualsiasi immunità. Vogliamo essere cittadini comuni, senza godere di alcun privilegio, eccetto quello di essere portavoce di milioni di italiani. Il Pd voterà l’ennesimo vergognoso privilegio alla politica pur di tenere in piedi l’accordo (ancora in alto mare) con Berlusconi e Lega? Sappiate che il vostro alibi preferito “non ci sono alternative” ormai non funziona più. Avete avuto la nostra disponibilità a discutere di riforme. Date una risposta agli italiani”.