Qualche settimana fa, è stato convertito in legge il cosiddetto decreto “droghe e off label”, di che si tratta? Quali sono (se ci sono) gli elementi scientifici ed etici fondanti? E quali contenuti non espliciti veicola?
Andiamo con ordine: il succo del decreto.
Droghe: il decreto ripristina la distinzione tra droghe pesanti e leggere e le conseguenti pene associate allo spaccio, in pratica il piccolo spaccio di droghe leggere viene depenalizzato rendendo attive le sanzioni amministrative comminate dalle prefetture (sospensione patente, porto d’armi, passaporto o permesso di soggiorno).
Farmaci off-label: sarà possibile avere alcuni fondi che l’Aifa (Ente Italiano regolatorio dei farmaci) utilizzerà per avviare sperimentazioni o si potranno inserire (sempre da parte dell’Aifa) farmaci nella lista dei farmaci off-label utilizzabili dal Servizio Sanitario Nazionale, anche in assenza di sperimentazioni in Italia, purché dati di letteratura di supporto validi esistano.
La prima cosa che mi colpisce è che vi sia un unico testo di legge che normi le sostanze d’abuso voluttuarie e le molecole atte a curare malattie. Scompare la distinzione tra ciò che è nocivo e determina piacere e ciò che è utile alleviando il dolore della malattia: il danno ed il beneficio, il piacere e la sofferenza sono implicitamente equiparati in un magma freddo di articoli e commi. Viene proposta una visione “amorale” e “ascientifica” , in cui ciò che nuoce sta insieme a ciò che cura e, in assenza di ogni minima cognizione tossicologica, si ripristina una distinzione arbitraria tra le tipologie di sostanze, dettata da opportunità di tipo carcerario (svuotare le patrie galere invece di costruirne di migliori) in spregio alla corrente letteratura scientifica ed alla salute dei cittadini.
In secondo luogo, viene normata l’assenza di norma, con eccezioni. E’questa un’operazione ardita, degna delle migliori menti di stampo liberale convolate a nozze con illuminati visionari.
Si definisce uso off-label l’impiego di un farmaco per trattare una patologia per la quale non è ufficialmente approvato ma è efficace. L’apparente contraddizione sta nel fatto che i meccanismi di autorizzazione sono subordinati a costose (per le aziende farmaceutiche) sperimentazioni che le aziende possono non ritenere vantaggiose nel loro legittimo interesse economico. La soluzione proposta è che L’Aifa pagherà in luogo delle case produttrici i costi per i test (cosa che non avverrà per l’assenza di fondi) o che verrà creata una lista di indicazioni off label (l’antinomia è splendida).
Effetto finale: sia i farmaci autorizzati che quelli non autorizzati verranno utilizzati in maniera indifferente.
Utilizzando l’iperbole e con il rischio di essere “populista”: Antonio che vende un po’ di erba davanti al liceo è diverso da Marco che vende mezzo grammo di coca a Via Montenapoleone, mentre un farmaco testato su mille persone in Italia è uguale ad uno testato solo negli Stati Uniti. La realpolitik uccide l’idea, la scienza, l’etica. Queste scelte politiche appaiono sottese esclusivamente da logiche economico-finanziarie: nel paese di Pulcinella, come diceva Eduardo, ‘O cunto purtatel’ a me.
Germano Fiore
Twitter @sunballo