Nonostante la mobilitazione internazionale e la preoccupazione espressa ieri nella sua visita al Cairo dal Segretario di Stato Americano John Kerry, 3 reporter di Al Jazeera International sono stati condannati dai 7 anni ai 10 anni di carcere con l’accusa di concorso in associazione terroristica.
Peter Greste, cittadino australiano, Mohammed Fahmi, di cittadinanza canadese e capo dell’ufficio cairota dell’emittente del Qatar, e Baher Mohammed erano stati arrestati lo scorso dicembre all’hotel Marriott del Cairo dove avevano allestito una redazione provvisoria. Gli uffici del canale “cugino” di Al Jazeera, Mubashir Masr erano stati chiusi subito dopo la deposizione di Mohammed Morsi lo scorso luglio mentre l’edizione inglese continuava a lavorare, e lavora ancora oggi, dal Cairo con molte cautele per evitare la diffusa ostilità fomentata dai media di governo.
“Nessuna prova è stata presentata contro i nostri eccellenti reporter”, ha commentato su Twitter Al Anstey, direttore delle risorse umane di Al Jazeera International. Come raccontato anche dal Guardian, i giudici non avrebbero capito la differenza che c’è tra l’emittente egiziana in lingua araba (Mubashir Masr) e il canale internazionale che da sempre, e in tutto il mondo, lavorano con personale diverso e in uffici di corrispondenza separati. Anche gli esperti legali chiamati a visionare le prove hanno affermato che non c’era nessun elemento che poteva mostrare i legami dei reporter con i Fratelli Musulmani, il movimento dichiarato organizzazione terroristica dal governo egiziano alcuni mesi fa.
Secondo quanto riportato da Al Jazeera, nel computer di Greste, sono stati ritrovati i filmati di alcuni scontri tra polizia e supporter della fratellanza (immagini che qualsiasi giornalista televisivo che sia passato per il Cairo negli ultimi mesi avrebbe nel suo archivio). Baher, invece, ha avuto tre anni in più di pena perché in possesso di un proiettile raccolto dalla strada mentre copriva degli scontri al Cairo. Oltre a Greste, Fahmi e Baher, tra i condannati ci sono diversi studenti e sostenitori del movimento islamista ma soprattutto altri 3 giornalisti stranieri – due inglesi e una reporter olandese – a cui è stata inflitta in absentia una pena pari a 10 anni. Questi ultimi non hanno mai lavorato per Al Jazeera e sono finiti nel registro degli indagati per aver avuto contatti con Greste e Fahmi. Alcuni giorni fa, il rilascio per motivi di salute di Abdallah Al Shamy, altro giornalista del canale egiziano di Al Jazeera arrestato il 14 agosto e che da diversi mesi era in sciopero della fame, aveva fatto sperare nella possibilità di un’assoluzione.
Ora gli avvocati della difesa faranno ricorso ma si dovrà aspettare almeno due mesi, dopo la fine del Ramadan, per sapere se ci sarà la possibilità di ribaltare il verdetto. Un’altra possibilità potrebbe essere, secondo alcuni analisti, l’ordine da parte del presidente El Sisi di un rilascio su cauzione sino alla sentenza di secondo grado. Questa condanna è l’ennesima prova della politica repressiva del nuovo governo dell’ex federmaresciallo che con la sicurezza della liquidazione nelle casse egiziane di 575 milioni di dollari di aiuti, annunciati ieri dal governo americano, ha fatto cadere nel vuoto, ancora una volta, le raccomandazioni sulla libertà di stampa fatte dal Segretario di Stato Kerry.