In politica Dio fa danno, Marx fa danno, e anche Grillo non le imbrocca tutte giuste (*). Io non mi sento rappresentato dalle forze politiche oggi in campo. Quando devo porre un segno sulla scheda elettorale, vorrei poter scegliere un partito che non c’è.
Il partito che vorrei ha solo tre principi non negoziabili: libertà, uguaglianza, solidarietà.
Il partito che vorrei sa che con la sola libertà vale la legge della giungla, con la sola uguaglianza si diventa tutti sudditi di Stalin, e con la sola solidarietà non si è un partito, ma il circolo delle dame della carità.
Il partito che vorrei non è un movimento, e non ha paura di farsi chiamare ‘partito’.
Il partito che vorrei non è italiano, ma europeo. E si presenta con lo stesso simbolo a tutte le elezioni.
Il partito che vorrei non ha un capo, ma è diretto da persone intelligenti e capaci, nessuna delle quali è, o crede di essere, insostituibile.
Gli eletti del partito che vorrei sanno ascoltare la mie idee, ma poi hanno la responsabilità di prendere le loro decisioni, senza pretendere di essere i miei portavoce.
Il partito che vorrei lotta per tenere il potere esecutivo ben separato da quello legislativo.
Il partito che vorrei preferisce il sistema proporzionale per eleggere il legislativo ed il sistema maggioritario per eleggere l’esecutivo.
Il partito che vorrei ha capito che se si riesce ad abbassare la disoccupazione, poi si riuscirà anche ad abbassare il debito pubblico, e non il contrario.
Il partito che vorrei desidera una tassazione fortemente progressiva e preferisce tassare i redditi anziché le proprietà, ma non esita a tassare queste ultime se la disuguaglianza diventa troppo alta.
Il partito che vorrei sa che se la maggioranza delle tasse di un territorio rimangono nel territorio, si finisce come Troisi e Benigni: “Chi siete? Cosa fate? Cosa portate? Un fiorino!”
Il partito che vorrei non è mai indulgente con gli evasori fiscali, anche se questo dovesse costargli molti voti.
Nel partito che vorrei non ci sono né corrotti né corruttori: vengono espulsi senza aspettare che si arrivi al terzo grado di giudizio.
Il partito che vorrei è favorevole all’immigrazione, in misura sufficiente a mantenere costante la popolazione.
Il partito che vorrei non difende le famiglie tradizionali proibendo quelle inconsuete, ma promuovendo asili, scuole a tempo pieno e congedi parentali.
Per il partito che vorrei la scuola, la sanità, la sicurezza e la previdenza sociale devono essere pubbliche. Se non ci sono abbastanza risorse per garantirle a tutti, è l’economia che sta funzionando male, non è lo stato che è diventato troppo grosso.
Il partito che vorrei è contro gli aiuti di stato alle aziende in difficoltà. Ma è favorevole all’esproprio di quelle inquinanti, mal gestite o pericolose, per tutelare il lavoro ed evitare danni.
Il partito che vorrei lotta per molte altre cose. Ma se ne trovassi uno che vuole almeno queste, lo voterei volentieri.
(*) la citazione è ovvia.
di Francesco Paparella
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