La giustificazione (arrivata grazie all'imposizione dei giudici) del fatto, accaduto in Yemen, è l’“Authorization to Use Military Force” (Aumf), legge che autorizza il presidente a prendere qualsiasi provvedimento, “nel caso sugli Stati Uniti incomba una grave minaccia”. L'amministrazione democratica afferma di voler abrogare questa norma, ma ne fa uso
Ora sappiamo perché l’amministrazione Obama ha deciso di uccidere Anwar al-Awlaki, il cittadino americano, sospettato di essere un leader di al-Qaeda, eliminato con un drone nel 2011. La giustificazione legale è l’“Authorization to Use Military Force” (Aumf), una legge votata all’indomani dell’11 settembre e che autorizza il presidente a prendere qualsiasi provvedimento, “nel caso sugli Stati Uniti incomba una grave minaccia”. E’ stata una corte d’appello di Manhattan a costringere il governo a rendere pubblici i documenti che portarono all’assassinio di al-Awlaki. La loro pubblicazione, presumibilmente, rinfocolerà le polemiche, invece di sopirle.
Il caso Al-Awlaki è del resto stato, in questi anni, l’evento più clamoroso e controverso della “guerra al terrore” lanciata dalle amministrazioni americane. Prima quella di George W. Bush, poi quella di Barack Obama. Una rapida analisi degli eventi che portarono all’eliminazione di al-Awlaki spiega le ragioni di tanto rumore. Decidendo di eliminare al-Awlaki, il governo degli Stati Uniti ha infatti scelto di eliminare un proprio cittadino senza processo, senza un’accusa, senza che il sospettato abbia avuto la possibilità di difendersi. Al-Awlaki è stato ucciso nello Yemen, il 30 settembre; la stessa sorte è toccata due mesi dopo al figlio sedicenne di al-Awlaki, Abdulrahman, ucciso sempre dal missile di un drone mentre, nel deserto yemenita, cercava notizie del padre. Abdulrahman non aveva, a detta delle stesse autorità americane, alcun legame con organizzazioni terroristiche, e il suo assassinio è stato archiviato come “un errore”. Il vero obiettivo del missile era Ibrahim al-Banna, un cittadino egiziano con un ruolo di peso nel reclutamento di al-Qaeda, Anche Abdulrahman, nato a Denver, era cittadino americano.
L’amministrazione americana ha sempre ammesso di aver assassinato al-Awlaki, rifiutando però di rivelarne le ragioni. “Motivi di sicurezza”, ha sempre risposto il Dipartimento di Giustizia a chi chiedeva di svelare il memorandum legale che sta dietro l’omicidio. C’è voluta una causa congiunta del New York Times e dell’American Civil Liberties Union, e la decisione del Secondo Circuito della Corte d’Appello di Manhattan, per costringere l’amministrazione Obama a fare chiarezza. Il memorandum preparato dal Dipartimento di Giustizia, e reso pubblico in queste ore, cita proprio l’Aumf come base legale. La cattura di al Awlaki, secondo il Dipartimento, sarebbe stata “non fattibile”; e il militante di al Qaeda sarebbe stato “impegnato in attività che ponevano una minaccia continua e imminente a persone e interessi americani”. Di qui, dunque, il ricorso all’“Authorization to Use Military Force”, che consente di eliminare presunte minacce alla sicurezza Usa senza alcun ostacolo legale. Si diceva delle polemiche attorno al caso che, inevitabilmente, proseguiranno. Il memorandum, preparato nel 2010 da un avvocato del Dipartimento di Giustizia, David Barron, non spiega infatti perché la cattura del militante di al Qaeda sarebbe stata “non fattibile”, e nemmeno quale fosse la natura della “minaccia imminente” agli Stati Uniti portata dal al-Awlaki. Il documento si limita invece ad affermare che l’uomo era un leader capace di “pianificare continui attacchi contro gli Stati Uniti”.
A nessuno poi sfugge che l’avvocato Barron, l’autore del memorandum, sia stato nominato giudice federale da Barack Obama. E che proprio l’amministrazione Obama, mentre pubblicamente afferma di voler abrogare l’Aumf, in privato ne fa ampio uso. Oltre il caso di al-Awlaki, per Obama e i suoi si preparano comunque tempi ancor più difficili. “Continueremo a far pressione affinché altri documenti, relativi al programma di omicidi mirati, vengano resi pubblici; in particolare quelli sulle vittime civili”, ha spiegato il direttore legale dell’American Civil Liberties Union, Jameel Jaffer. Il riferimento è alle campagne di attacchi con i droni decise dall’amministrazione Obama e che, presentate come un modo per liberarsi in modo relativamente sicuro di pericolosi terroristi, hanno invece portato all’assassinio di decine di civili, soprattutto in Afghanistan. Obama, nel 2013, aveva promesso una riduzione nel numero di azioni condotte con i droni, ma la sua amministrazione ha continuato sino a oggi a farne largo uso.