La campagna elettorale per le Europee ha ignorato temi che saranno di grande rilevanza nei prossimi anni. A cominciare dall’energia e dalla dipendenza dal gas russo. Sullo sfondo, le difficili trattative sul trattato commerciale Usa-UE e l’accordo Russia e Cina.
Francesco Daveri, 19.06.14, lavoce.info
Una campagna schizofrenica
Nel week end del 25 maggio gli europei sono andati a votare alla fine di una campagna elettorale schizofrenica. Si è discusso animatamente dei pro e contro dell’euro, cioè di una moneta che oggi vale un terzo più del dollaro, la valuta di riserva del mondo. Ci si è divisi sulle conseguenze della possibile disintegrazione dell’Eurozona, un evento a cui i mercati attribuivano (e attribuiscono) una probabilità quasi zero. Insomma, l’Europa ha votato guardandosi l’ombelico e rimuginando su decisioni assunte vent’anni fa. In questo quadro colpisce che la campagna elettorale abbia del tutto ignorato temi che, a differenza dell’improbabile disintegrazione dell’euro, avranno una forte influenza sulla vita quotidiana degli europei nei prossimi anni. Uno di questi è la politica energetica.
Dove l’Europa è davvero tedesca
Nelle ultime settimane si è parlato molto di una Europa “tedesca” che con l’euro ha (avrebbe) fatto solo gli interessi della Germania. Si è puntato il dito contro l’eccessivo surplus commerciale tedesco nei confronti degli altri paesi dell’Eurozona, dimenticando che questo surplus è in netto calo (dal 4,5 per cento del Pil nel 2007 al 2 per cento del 2013). Parlando di Europa troppo attenta agli interessi tedeschi, non si è invece accennato alle titubanze della politica europea nell’imporre alla Russia sanzioni che le grandi imprese europee con interessi a Mosca (non solo tedesche, ma anche tedesche) non vogliono. Si è parlato ancora meno della proposta di accordo transatlantico sull’energia tra Europa e Stati Uniti del ministro portoghese Macaes: un accordo che, riducendo gli acquisti di gas dalla Russia, sarebbe un modo pratico per imporre a Vladimir Putin sanzioni che non costano e che quindi potrebbero essere gradite a tutti i paesi europei.
Facciamo un passo indietro. È da tempo che Usa e Ue hanno cominciato a negoziare un mega accordo transatlantico per rilanciare il libero scambio mondiale contro la crisi. l’accordo piace a Barack Obama e alla signora Merkel, ma incontra grandi resistenze, soprattutto in Europa, per questioni ambientali come quelle legate alla liberalizzazione degli Ogm che viene vista come una minaccia esiziale per il settore agricolo e per i prodotti tipici del sud Europa. Il grande accordo transatlantico è una palude da cui sarà difficile uscire soprattutto perché molti europei non ne vedono grossi vantaggi. Invece, un accordo settoriale Usa-Ue solo sull’energia che preveda la cancellazione del divieto di export di energia dagli Usa (in atto dalla prima crisi petrolifera della metà degli anni Settanta) e la predisposizione delle necessarie infrastrutture da un lato e dall’altro dell’oceano Atlantico per lo scambio di energia avrebbe parecchi vantaggi.
Potrebbe consentire all’Europa e, in generale, al mondo G7 il vantaggio geo-politico di affrancarsi dal ricatto di Putin sul gas e sul petrolio. In Europa potrebbe fare da leva per indurre gli Stati che hanno lo shale gas nel loro territorio a realizzare quegli investimenti infrastrutturali che agitano le coscienze degli ambientalisti e di tutti, ma che sono importanti per garantire la sostenibilità dell’industria occidentale. Sulla sponda occidentale dell’Atlantico l’accordo creerebbe nuovi mercati per i produttori di energia americani (e canadesi) incentivando ulteriori investimenti nel settore.
Di tutti questi problemi nella campagna per le elezioni europee non si è parlato. In definitiva, non è stata sollevata la domanda delle domande: se sia opportuno che i singoli paesi continuino a privilegiare canali nazionali nel trattare con la Russia in materia di energia, anche ora che la crisi ucraina ha di fatto portato la Russia fuori dal G8. Sarebbe stato utile conoscere l’opinione degli aspiranti al Parlamento europeo su questi temi. La conosceremo dopo le elezioni, dopo aver dato loro una delega in bianco.
Mentre l’Europa dorme , Russia e Cina trattano
Nel frattempo, però, oltre gli Urali, Vladimir Putin non è rimasto inattivo, ma è andato a Shanghai a firmare un accordo quadro con la Cina per forniture di gas, impianti e comuni progetti di trivellazione per un totale di 400 miliardi di dollari in dieci anni. Grazie all’accordo, i cui dettagli sono rimasti riservati, il colossale produttore di gas russo Gazprom potrà coprire il costo di 55 miliardi (una parte dei quali forse pagati in anticipo dai cinesi alla firma del contratto) necessari per realizzare l’impianto per trasportare gas nella Siberia orientale. Dalla Siberia avverrà la fornitura di 38 miliardi di metri cubici di gas naturale per trenta anni alle città costiere della Cina orientale, il che consente alla Cina di aprire un nuovo rubinetto di energia pulita per il suo energivoro manifatturiero. Ovviamente, l’accordo tra Russia e Cina non elimina le vecchie ruggini che, come ha scritto l’Economist, rendono i due paesi “frenemies” (amici-nemici) da sempre. Rimane che Mosca, con l’accordo, ha ottenuto un successo diplomatico nel momento in cui il mondo le impone sanzioni per il suo comportamento aggressivo in Ucraina.
E così, in Europa, le elezioni sono passate, ma la noncuranza degli europei ai loro veri problemi di domani avrà purtroppo conseguenze più durature. Quando verrà il freddo autunnale, per fortuna gli europei avranno ancora l’euro, cioè una valuta forte, per pagare le loro importazioni di gas, un terzo del quale continuerà a venire dalla Russia. Ma l’accordo commerciale con la Cina darà a Putin un’arma in più per spuntare condizioni negoziali migliori di fronte a un’Europa che si presenterà purtroppo ancora in ordine sparso.