Nel Paese sudamericano dove Giuseppe Garibaldi divenne "l'eroe dei due Mondi" si calcola che la metà degli abitanti sia di origine italiana, i loro nonni emigrarono qui nell'arco di un secolo: tra l'Unità d'Italia e il dopoguerra. Tutti credono nell'impresa degli undici di Prandelli, ma sanno bene quanto possa essere letale la coppia d'attacco della Celeste con Cavani e Suarez
L’appuntamento è tramite Skype. I nostri ospiti affollano la sala del patronato Inca, dove gli italiani di tutte le generazioni ricevono sostegno e mantengono annodati i fili del proprio passato. L’indirizzo dice tutto: avenida Garibaldi 2643. A Montevideo il patriota di Nizza divenne l’Eroe dei due mondi, qui la sua figura è ancora celebrata ovunque.
In Uruguay basta scorrere l’elenco del telefono per capire le dimensioni del flusso migratorio dal nostro Paese: si calcola che quasi la metà della popolazione sia di origine italiana. Per un secolo, dall’Unità d’Italia al dopoguerra, lavoratori e avventurieri sono sbarcati su queste coste e in molti casi non se ne sono più andati. Come Pietro Del Giudice, che arrivò a Montevideo nel 1953 dalla provincia di Avellino. Al Sud non c’erano soldi e lui si scoprì prima operaio e poi insegnante. “Quando sono arrivato qui c’era lavoro per tutti – racconta davanti alla webcam – e bastava uno stipendio per mantenere la famiglia. Ora non è più così, ma nel piccolo Uruguay si sta ancora bene. “Siamo tra i pochi paesi del continente in crescita e l’economia è messa meglio che da voi”.
Sono otto anni che Pietro manca dall’Italia, ma non ha dubbi per questa sera: “Io tifo per gli azzurri e mi spiace non essere in Brasile. L’Uruguay è motivato e forte, se Prandelli non cambia qualcosa è dura. Il ct deve trovare il modo di fermare Suarez e Cavani e allo stesso tempo di attaccare: non si può sempre sperare di fare un gol per chiudersi in difesa. Contro la Costa Rica sembravano dei giocatori di calcio da strada”.
“L’Uruguay è un paese speciale – conclude – Quando gioca la Nazionale non trovi un ufficio aperto: se il popolo ha qualche problema ci pensa il pallone a fare dimenticare tutto. Mi ricorda l’Italia, le radici non mentono”. Aldo Macor ha 86 anni e ci invita subito a cercare il suo nome su Google. Professione scultore, dice la rete. Vive in Uruguay da 10 anni, ne ha trascorsi 50 anni in Venezuela ed è scappato all’arrivo di Hugo Chavez. “E ho fatto bene” aggiunge.
Parla un italiano perfetto e si definisce sangue misto perché è nato a Genova da padre friulano e madre calabrese. “Io sono italiano e tengo per l’Italia, ma sono quasi convinto che perderemo – dice – Con l’Inghilterra non abbiamo fatto male, ma con la Costa Rica siamo stati penosi. L’Uruguay, invece, è in salute e lo ha dimostrato pochi giorni fa. La maggioranza delle persone qua pensa di passare il turno, la maggioranza degli italiani invece pensa di uscire. Non credo che tutta questa gente si sbagli. L’Italia di questi tempi è un po’ moscia, e non mi riferisco solo al pallone”.
Gli interlocutori si scambiano il posto davanti al pc. Tocca a Renato Palermi, responsabile del patronato. Conosce il Fatto Quotidiano e guarda la tv di casa nostra, anche se ultimamente si annoia spesso. “La serie A è molto seguita qui e non solo dalla comunità italiana – spiega – Gli azzurri sono stimati e rispettati, gli uruguaiani sanno che domani non sarà una passeggiata. Però sognano di vincere un altro Mondiale, esaltati da quello che scrivono i giornali. Vedremo come andrà la sfida di questa sera, ma se l’Italia mette lo stesso impegno visto con il Costa Rica non ha speranze”.
Nel locale non faranno vedere la partita, meglio guardarla “tranquilli a casa, o in uno dei tanti maxischermi in piazza se farà bel tempo”. L’ultimo ospite è un vip. Si chiama Nicola Cetraro e fu uno dei leader del Frente Amplio che esprime il presidente Pepe Mujica. E’ stato a capo della federazione boxe della Celeste ed è un dirigente del Ministero dello Sport. Ormai ha quasi dimenticato l’italiano perché ha lasciato la provincia di Cosenza da bambino, 65 anni fa, per raggiungere Montevideo. E’ un intenditore di calcio e lo dimostra: “Sarà una partita complicata, tra due squadre che si somigliano poco – dice – Per l’Italia non sarà semplice: dopo il Mondiale in Sud Africa il movimento calcistico uruguaiano sta attraversando un grande momento e la squadra davanti ha due campioni che possono spezzare l’equilibrio in ogni istante”.
Per lui oggi è una giornata complicata: “Non tiferò per nessuna delle due squadre. Sono orgogliosamente italiano e calabrese, ma ho sempre vissuto qui e questo è il paese di mia moglie e dei miei figli. Davanti allo schermo il mio cuore sarà diviso”.