“Meriam è stata di nuovo arrestata in Sudan”, lo fa sapere l’avvocato della donna tramite Antonella Napoli, presidente della ong Italians for Darfur. Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la ragazza cristiana condannata a morte per apostasia era stata liberata lunedì dopo l’annullamento della sentenza da parte della Corte d’Appello. Fermato all’aeroporto di Khartoum dai servizi segreti sudanesi anche il marito Daniel Wani. Meriam stava cercando di lasciare il Paese, ma, come riporta Aki – Adnkronos International, è stata “trattenuta all’aeroporto di Khartoum perché in possesso di un documento falso nel quale era scritto che la donna era cittadina del Sud Sudan”, paese originario del marito Daniel Wani. La donna “sarà rilasciata a breve e partirà per gli Stati Uniti solo quando avrà i documenti in regola per l’espatrio”, ha aggiunto la fonte. Diversa, invece, la situazione per “il marito”, che ha anche cittadinanza americana, e per “i due figli” della coppia, che sono “liberi di lasciare il Paese quando vogliono”.
Anche fonti citate dalla Bbc hanno riferito che una quarantina di agenti della sicurezza sudanese hanno fermato all’aeroporto di Khartoum Meriam, il marito Daniel Wani e i loro due figli, Martin di 20 mesi, e Maya, nata il 27 maggio mentre la donna era in carcere. Dopo la liberazione della moglie, Wani aveva reso nota l’intenzione della famiglia di partire per gli Stati Uniti.
Meriam, cristiana, madre di un bambino e all’epoca incinta di otto mesi (ha poi partorito in carcere), era stata condannata a morte con l’accusa di apostasia. I giudici avevano anche stabilito che la donna dovesse subire cento frustate per aver commesso adulterio, visto che il suo matrimonio con un uomo cristiano non è riconosciuto valido in base alla sharia (diritto islamico). I giudici avevano dato tre giorni alla donna per rinunciare alla sua fede cristiana, ma in aula, dopo un lungo colloquio con un religioso musulmano, la donna aveva affermato: “Sono cristiana e non ho mai commesso apostasia”.
Laureata in fisica, nel suo paese è considerata musulmana, perché nata da un padre musulmano. In base alla sharia, una donna musulmana non può sposare un uomo di un’altra fede e i figli nati dalla loro unione sono quindi considerati illegittimi e frutto di adulterio. Per salvare la giovane è stata lanciata una campagna internazionale e molte ambasciate in Sudan si sono esposte, rivolgendo appelli alle autorità locali.