Nikita Michalkov uno dei più famosi artisti russi spiega che quest'anno, a causa della crisi ucraina, molti dei grandi nomi internazionali hanno preferito rinunciare alla manifestazione: "Non avrebbe portato buona pubblicità né a loro né alla pellicola stessa. Ma era giusto intervenire in Crimea"
Nikita Michalkov non è solo uno dei più importanti registi russi contemporanei, tra l’altro grande amico di Marcello Mastroianni (assieme girarono Oci Ciornie nel 1987 e, sempre lo stesso anno, portarono in scena la piéce Pianola Meccanica al teatro Argentina di Roma), ma anche grande supporter del presidente russo Vladimir Putin. Nel 2007 fu uno degli artisti firmatari di una lettera che chiedeva di non rispettare il limite costituzionale dei due mandati consecutivi e di candidarsi ancora (così non fu, e ci fu l’intermezzo Medvedev). Mentre solo qualche mese fa ha pubblicamente appoggiato l’azione russa in Crimea. Dal 2000 Michalkov è a capo del Moscow International Film Festival, nato nel 1935, il secondo più antico al mondo dopo quello di Venezia (le edizioni però sono poche visto che per un lungo periodo ebbe luogo solo una volta ogni due anni).
In questi giorni si tiene la 36esima edizione. Durante la cerimonia di apertura, pubblicamente, aveva affermato che la situazione politica internazionale attuale, che vede la Russia isolata, non ha minimamente influenzato il programma del festival. Tre giorni dopo, durante l’incontro con ilfattoquotidiano.it, invece, nella sala Vip Lounge dello Oktyabr cinema, dice l’esatto contrario: “Sì, ha condizionato, alcuni registi stranieri di fama internazionale hanno avuto timore a venire a presentare il loro film in Russia. Certo, alla fine per noi è stato un buon pretesto per fare una selezione del programma ancora più ricercata ed il livello non è sceso. Però sì, siamo stati condizionati”.
Di cosa hanno avuto paura esattamente questi autori?
Di non ricevere finanziamenti per i loro progetti successivi. Hanno avuto il timore che chi produce i loro film potesse farsi influenzare da un’apertura verso la Russia che non avrebbe portato buona pubblicità né a loro né alla pellicola stessa.
Quando ha cominciato a percepire che l’azione della Russia in Crimea avrebbe avuto ripercussioni anche sulla vostra selezione del programma?
A fine inverno. Ho avuto alcune delusioni, colleghi che mi avevano dato la loro parola riguardo la partecipazione e che hanno trovato scuse discutibili per tirarsi indietro. Da una parte li capisco, sono persone che prima di tutto vivono per fare cinema, dall’altro però penso che siano male informati.
Lei ha pubblicamente appoggiato l’azione russa in Crimea dello scorso marzo: perché pensa che nel resto dei paesi occidentali sia stata recepita invece come un’azione illegittima?
Da un punto di vista legale si può dire che non tutto è stato rispettato, questo lo capisco. Ma se parliamo di quel che è giusto, allora non ci sono dubbi che la Crimea debba appartenere alla Russia. Se ci siamo trovati in questa situazione è colpa di Kruscev che nel 1954 la regalò per celebrare l’unione tra i due paesi e di Eltsin dopo che, all’epoca del dissolvimento dell’Unione Sovietica , aveva la possibilità di richiamarla a sé, ma che ebbe troppa paura per farlo. La gente di lì si sente russa e il referendum tra la popolazione lo ha confermato. Il 97 % hanno votato per la riannessione. Di cos’altro vogliamo parlare? Durante l’assedio di Sebastopoli della Seconda Guerra Mondiale sono morti più russi che americani durante l’intera guerra, per la Crimea è stato versato sangue russo perché quando si sta in Crimea si parla di Russia. Non ci sono possibilità che si torni indietro. È stato come riunire un figlio che, dopo un divorzio, è finito per un po’ nella stanza accanto con il genitore sbagliato.
C’è la possibilità che in futuro lei giri un film sulla Crimea?
Si, ci sto pensando. Sarebbe un kolossal ambientato ai giorni nostri. Sarebbe ambientato in Crimea, in Russia e a Bruxelles. Bisogna mostrare come sono andate veramente le cose e un film potrebbe essere il mezzo giusto.
Non solo l’azione russa in Crimea, da anni lo stesso Putin viene osteggiato dalla stampa internazionale…
Perché si adopera per riaffermare il nostro Paese come una potenza. E così ne hanno paura. Quando Putin parlò a Monaco nel 2007, accusando gli Stati Uniti di sentirsi padroni del mondo, molti dei leader europei annuivano con la testa, ma poi non ebbero il coraggio di appoggiarlo pubblicamente. Certo, Putin si prende delle libertà che non sempre sono democratiche nel senso alto del termine, lui è un filtro tra ciò che era la Russia di un tempo e un processo di democratizzazione che deve ancora compiersi completamente. Non c’è democrazia senza classe media e in Russia continua a mancare. Abbiamo visto nei paesi arabi o del Nord Africa, in Siria come in Egitto, cosa succede a voler imporre la democrazia dall’esterno.
Quando finirà questo “processo”? Quando si potrà vedere una Russia completamente democratica?
Non lo so, non si può dire.
Possibile che lei non abbia mai pensato di entrare attivamente in politica?
Non lo farei mai. Non mi piace indossare la cravatta.