Non una sconfitta, un vero e proprio terremoto. L’eliminazione di ieri sera per mano dell’Uruguay apre una ferita profondissima nel cuore del calcio italiano. Che si ritrova tutto d’un tratto senza più guida, tecnica e politica. Ha lasciato Cesare Prandelli, e con lui anche il presidente della Figc Giancarlo Abete. Dimissioni con buona probabilità irrevocabili in entrambi i casi: così le ha definite Abete, e chi lo conosce è sicuro che non ci ripenserà; il ct non ha usato le stesse parole, ma anche qui è quasi impossibile immaginare un ripensamento. Sarà un’estate di ricostruzione, dunque. E sullo sfondo tante ipotesi: una soluzione interna, un grande nome, persino il commissariamento. E’ ancora presto per avere certezze, prima devono le finire le scosse di assestamento. Anche se in Federazione l’atmosfera era strana, c’era stato qualche segnale. Ma nessuno si aspettava un epilogo così traumatico: Prandelli, in fondo, aveva appena rinnovato il suo contratto; e lo stesso Abete si pensava potesse comunque concludere il suo ultimo mandato, in scadenza nel 2016.
Probabilmente, sulla scelta del presidente hanno pesato i risultati, ma anche le continue liti fra le varie Leghe e i rapporti tesi con il Coni. A queste dimissioni, poi, vanno aggiunte anche quelle del vicepresidente Demetrio Albertini, annunciate già alla vigilia del torneo. Nel calcio italiano si è spalancato un vuoto di potere pericoloso, da colmare al più presto. Coerenza vorrebbe che si scegliesse prima il presidente federale, poi il commissario tecnico (una procedura inversa farebbe partire col piede sbagliato anche il prossimo ciclo). Ma non sarà cosa semplice. I nomi papabili per la poltrona sono quelli che già aspiravano alla successione naturale nel 2016.
Carlo Tavecchio, ad esempio: vicepresidente vicario di Abete, come presidente della Lega Nazionale Dilettanti (la componente più numerosa in assemblea elettiva) parte da una base del 34% di consensi; e già per questo va tenuto in considerazione. Lui rappresenterebbe una soluzione di continuità nella discontinuità. Altro nome forte è proprio quello di Demetrio Albertini. Aveva lasciato la vicepresidenza Figc, stanco dell’inconcludenza del sistema, probabilmente per puntare ad un incarico più prestigioso: un posto nel nuovo Milan di Barbara Berlusconi, la presidenza della Lega o addirittura della Federazione. Può contare sull’appoggio delle componenti tecniche (calciatori e allenatori, che valgono insieme il 30%). Più defilato, invece, Andrea Abodi: il presidente della Lega Serie B ha lavorato molto bene negli ultimi anni, ma è un personaggio che divide, come dimostrato dalle ultime elezioni in Lega A (dove la sua candidatura fu affossata da Claudio Lotito). E per diventare il numero uno del calcio italiano bisogna soprattutto unire.
Le dimissioni anticipate di Abete, comunque, rimescolano le carte in tavola. La svolta improvvisa, i tempi rapidi dell’elezione pongono condizioni nuove. “Ci vuole il giusto mix tra innovazione e tradizione, competenza e appoggi politici”, spiegano voci di corridoio al fattoquotidiano.it. Soprattutto, ci vorrà un consenso ampio, che vada oltre la semplice maggioranza, per non creare ulteriori divisioni in un momento delicato. Tavecchio e Albertini, dunque, dovranno provare ad allargare la propria base di voti, conquistando il sostegno della Lega A (da sempre organo trainante), e della parte avversa. Non dovessero riuscirci, ecco che nella corsa alla presidenza potrebbe spuntare un terzo nome. “Un Mister X, una profilo di spessore riconosciuto all’unanimità, in grado di mettere d’accordo tutti”, suggeriscono dall’ambiente.
E in caso di totale impasse (situazione vista non di rado nel calcio italiano, negli ultimi tempi) non è esclusa neppure una soluzione di transizione: un commissariamento di 6-8 mesi, un mandato a tempo, magari con un paio di obiettivi specifici (la scelta del ct e una riforma della governance), per traghettare la Federazione verso un’elezione meno traumatica. E qui i nomi possibili diventerebbe infiniti: entrerebbero in ballo dirigenti di lungo corso e profili più tecnici. O magari qualcuno che ha già svolto il ruolo. Come Luca Pancalli, persona competente e stimata, presidente del Comitato Italiano Paralimpico (e assessore allo Sport a Roma), in passato a capo della Figc tra il commissariamento di Guido Rossi e l’elezione dello stesso Abete. La situazione è in continua evoluzione, in questo momento tutte le soluzioni sono possibili. Prima dovrà esserci un consiglio federale per ricevere le dimissioni dell’attuale presidente, poi l’assemblea decisiva per le nuove nomine, probabilmente ad agosto. Bisogna rispettare i tempi tecnici. E quelli della politica, che spesso sono ancor più lunghi. Ma il calcio italiano ha fretta: d’altronde mentre il resto del mondo avanza, noi siam così fermi da tornare indietro.