L’Italia che non si arrende alla sconfitta parla il linguaggio della scienza. Ci sono anche 55 scienziati italiani, di cui 5 donne, fra i 3.200 studiosi più citati del mondo, divisi in 21 campi di ricerca, nel decennio 2002-2012. A indicarlo la classifica internazionale delle “Beautiful mind”, le menti più brillanti del nostro tempo in campo scientifico, stilata dall’Istituto Thomson Reuters.
“Se sono riuscito a vedere più lontano degli altri è perché sono salito sulle spalle dei giganti”. Sembra ispirata alla frase di Isaac Newton la scelta dell’Istituto Reuters, secondo il quale, il merito degli studiosi selezionati è che “Stanno influenzando la futura direzione dei loro settori di ricerca”. La prestigiosa classifica si basa su due parametri, pubblicazioni scientifiche e numero di citazioni ricevute dai lavori di ogni scienziato, che ne attestano la rilevanza nei differenti settori di studio. Per loro l’Istituto ha preparato uno speciale “Bollino di qualità”, come i marchi Doc, una sorta di coccarda con la scritta “Highly cited”, i più citati, che ciascuno dei premiati potrà pubblicare sulla propria pagina Web.
Gli italiani rappresentano il 2% delle più brillanti menti del globo, ma in alcuni settori occupano un ruolo di rilievo. Su tutti spicca il settore delle scienze mediche, con 15 presenze, tra le quali c’è anche Michele Baccarani, dell’Università di Bologna, il presidente del Comitato scientifico chiamato dal ministero della Salute a pronunciarsi sulla controversa vicenda Stamina. I ricercatori italiani – che lavorano in diverse università, ed enti di ricerca come l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) e l’Agenzia spaziale italiana (Asi) – sono in buona posizione anche in farmacologia, sette complessivamente le presenze, scienze agrarie e spazio, con 5 e 4 nomi rispettivamente. “La rappresentanza italiana ha il 10% di donne che, tutto sommato, è abbastanza vicino al numero delle donne che occupano una posizione apicale – osserva Patrizia Caraveo, una delle cinque protagoniste italiane, direttrice dell’Istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica di Milano, parte dell’Inaf -. Quello che emerge – prosegue la studiosa milanese – è che sono stati premiati lavori che richiedono anni di sforzi e che alla fine sono considerati pietre miliari, come i cataloghi”. “Un risultato – le fa eco Roberto Battiston, presidente dell’Asi – che conferma quanto l’astrofisica italiana sia un’eccellenza a livello mondiale”.
Unica anomalia di questa classifica internazionale, la mancanza di un settore importante come quello della fisica delle particelle, in cui l’Italia vanta una scuola e una tradizione d’eccellenza, il cui valore è riconosciuto in tutto il mondo. Basti pensare al ruolo dei fisici italiani al Cern di Ginevra. La Thomson Reuters ha, infatti, deciso di escludere le pubblicazioni frutto di collaborazioni vaste, che comprendono più di 500 ricercatori, come appunto gli esperimenti che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs, ad opera della grande macchina acceleratice ginevrina. L’unico italiano premiato per la fisica è Massimo Inguscio, fisico quantistico cofondatore del laboratorio Lens (European laboratory for non linear spectroscopy) dell’Università di Firenze e recentemente nominato presidente dell’Istituto italiano di ricerca metrologica (Inrim), che si dice “Un po’ sorpreso di essere il solo perché – spiega – sono numerosi i fisici italiani attivi sulla scena internazionale”.