Ora agli atti dell’inchiesta sull'uomo accusato dalla procura di Bergamo di essere l’assassino della tredicenne spunta una ripresa in cui si vede il furgone del 44enne muratore di Mapello nelle strade attorno a via Rampinelli, dove abita la famiglia della ginnasta. Ora non c'è solo la prova del Dna
Non c’è più solo la prova del Dna. Ora agli atti dell’inchiesta su Massimo Giuseppe Bossetti, accusato dalla procura di Bergamo di essere l’assassino di Yara, spunta un filmato che riprende il furgone del 44enne muratore di Mapello nelle strade attorno a via Rampinelli, proprio dove abita la famiglia Gambirasio. Di più: il filmato porta la data del 26 novembre 2010, esattamente il giorno in cui la 13enne scompare dopo essere uscita dalla palestra di Brembate Sopra. La conferma dell’esistenza di questo documento arriva direttamente dai militari del Ros, i quali, dopo il fermo di Bossetti, hanno iniziato ad analizzare tutti i dati sensibili che ruotano attorno al 26 novembre. Tra i tanti sono stati rivisti, fotogramma per fotogramma, i filmati delle telecamere. Un lavoro fatto già nelle settimane successive alla scomparsa della 13enne.
Ma se all’epoca lo screening fu condotto al buio e senza il minimo elemento, oggi tutti questi dati vengono riletti con davanti l’identità di Ignoto 1, il cui Dna è stato individuato su slip e leggings del cadavere di Yara ritrovato il 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola. Il lavoro a ritroso degli investigatori è a una svolta. Il dato oggettivo di questo filmato sembra poter confutare la versione data da Giuseppe Bossetti durante l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice Ezia Maccora che, il 19 giugno scorso, ha emesso nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. In quel verbale il muratore di Mapello ha raccontato che, nel novembre 2010, lavorava in un cantiere di Palazzago e per tornare nella sua villetta di Mapello passava nella zona della palestra.
Non a caso il 26 novembre il suo cellulare aggancia la cella di Brembate alle 17,45. In quell’orario Bossetti fa una chiamata, dopodiché il telefono non produce traffico fino alle 7,35 del 27 novembre. A questo punto, l’indagato oltre a spiegare perché il suo Dna è finito sul corpo di Yara, dovrà motivare quel passaggio in via Rampinelli in orario compatibile con la scomparsa della 13enne. I dubbi si riducono. Le domande anche. Certo ancora bisogna capire se Yara salì volontariamente sul mezzo del suo assassino. Esclusa l’ipotesi di un sequestro davanti alla palestra che a quell’ora (erano le 18,40) è affollata di gente, lo scenario potrebbe spostarsi qualche centinaio di metri più in là, proprio nella zona di via Rampinelli. Sul punto va ricordata la rivelazione fatta da Enrico Tironi, il vicino di casa di Yara, a poche ore dalla scomparsa della ragazza. Il testimone raccontò che quella sera la vide in compagnia di due uomini. Per quelle parole Tironi fu incriminato per procurato allarme. Ma il racconto coincide, in parte, anche con quello fatto da una colf che si trovava in zona.
L’inchiesta è ora in una fase decisiva. In mano gli investigatori, oltre al Dna e al filmato, hanno un’altra certezza: Bossetti conosceva bene la zona di Chignolo d’Isola. Una conferma arrivata dalla ditta Bonacina dove il muratore andava a rifornirsi di materiale edile. I titolari, sentiti nei giorni scorsi dai carabinieri, confermano che Bossetti dal 2008 al 2013 si è servito da loro e andava sempre con il furgone Iveco Daily, lo stesso ripreso dalle telecamere della banca nella zona di via Rampinelli. La ditta Bonacina, poi, si trova a 500 metri dal bar pizzeria di via Donizetti dove l’indagato comprava la birra. A un chilometro in linea d’aria c’è il campo dove è stato individuato il corpo di Yara. Da ieri, intanto, alla difesa di Bossetti si è aggiunto un altro legale. E mentre la procura sta ragionando se chiedere o meno il giudizio immediato, il pm Letizia Ruggeri nei prossimi giorni sentirà Ester Arzuffi, la mamma di Ignoto 1, identificata il 13 giugno scorso e subito messa sotto intercettazione.