La novità è inedita: i carabinieri lavorano su una caratteristica inconfondibile dell'Iveco del muratore. "Vale come il Dna". Lo si cerca nei filmati del 26 novembre 2010
Non è il Dna, ma è come se lo fosse. Si perché ora gli investigatori del Ros hanno in mano un’altra prova regina per inchiodare Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate Sopra uccisa il 26 novembre 2010. Tutto gira attorno al furgone sequestrato al 44enne muratore di Mapello fermato il 16 giugno 2014 in un cantiere a Seriate. Il mezzo è un Iveco Daily cassonato, composto, cioè, da una motrice e da un cassone aperto per mettere il materiale da lavoro. Un mezzo che in queste zone della Bergamasca è piuttosto comune. Non questo, svelano gli investigatori. Secondo quanto ricostruito da ilfattoquotidiano.it il camion ha una caratteristica che lo rende unico. Di cosa si tratti resta un aspetto che i carabinieri mantengono top secret. “E’ come fosse il suo Dna”, spiega un investigatore. Come una prova genetica o addirittura equivalente a una targa. Il particolare della targa è importante visto che in tutti i filmati agli atti, le targhe degli autoveicoli non sono distinguibili.
Il dato è clamoroso ed è su questo che ora si concentrano le indagini. Nella caserma di Bergamo da giorni gli investigatori stanno riguardando i filmati di quel 26 novembre 2010. Agli atti ci sono ore di girato che partono dal punto nevralgico rappresentato dalla palestra di Brembate da dove scomparve Yara per allargarsi fino a un raggio di venti chilometri. Tra le tante immagini c’è anche il video che immortala Yara mentre esce dalla sua casa di via Rampinelli per andare in palestra. La ripresa viene fatta dal circuito di sicurezza di un vicino.
Sono stati raccolti i fotogrammi di qualsiasi telecamere, da quelle pubbliche a quelle private. Si scorrono i frame e contemporaneamente si ricostruisce l’identikit del furgone di Bossetti. Il mezzo è stato comprato dal muratore di terza mano, e porta una data di immatricolazione anteriore alla scomparsa di Yara. Un dato già confermato dalla ditta Bonacina di Chignolo d’Isola dove Bossetti andava a rifornirsi di materiale edili. I titolari, infatti, hanno raccontato che dal 2008 al 2013, il muratore utilizzava sempre il Daily.
A questo punto risulta decisiva la storia di questo furgone. Ad oggi si sa che l’Iveco esce dal concessionario nel 2008 e col tempo viene modificato. Fino a quando lo acquista Bossetti, il quale, confermano gli investigatori, non lo cambia. E del resto non avrebbe senso acquistare un mezzo usato per poi modificarlo ulteriormente spendendo altro denaro. Il mezzo, poi, presenta una caratteristica particolare che ha già permesso al Ros di identificarlo nella zona di via Rampinelli in orario compatibile alla scomparsa di Yara.
Questo nuovo scenario esclude la pista che porta al Peugeot Ranch, più simile a una monovolume e che viene immortalato dalla telecamera di una banca a Brembate. Non solo. Gli investigatori smentiscono categoricamente che il Peugeot avvistato in caserma il 16 giugno e di proprietà di Fabio Bossetti, fratello di Giuseppe, sia stato sequestrato.
Ma non c’è solo questo nel ventaglio d’indizi che, stando all’accusa, portano a Bossetti. Un altro dato, ad oggi rimasto segreto, è rappresentato dalle modalità con cui le gocce di sangue di Yara e quelle del presunto assassino vengono versate sui vestiti della ragazza. Secondo la scientifica entrambi i liquidi cadono contemporaneamente su slip e leggins. Questo, ragionano gli investigatori, esclude l’ipotesi che a depositare il dna di Ignoto 1 possa essere stato un taglierino trafugato sul quale era rimasta una macchia di sangue secco. Anche questo passaggio è tenuto in grande considerazione visto che proprio ieri è stata veicolata la notizia di un furto di materiale dal furgone subito da Bossetti. Furto che effettivamente c’è stato, ma che, dicono gli investigatori, risale solamente a qualche mese fa.
E del resto, oltre al furgone, la road map della procura adesso è anche quella di confutare le ipotesi fatte da Bossetti nel suo interrogatorio davanti al giudice Ezia Maccora. Ipotesi che ad oggi restano segrete e che non sono emerse dai pochi stralci di verbale inseriti nell’ordinanza di custodia cautelare firmata il 19 giugno 2014. Detto questo, l’intero risiko delle celle telefoniche, sui cui pur si sta lavorando, resta sullo sfondo come contorno indiziario. E mentre ieri Bossetti per la prima volta dal fermo ha potuto vedere in carcere la moglie, nella caserma di Ponte San Pietro è iniziata la sfilata dei testimoni.