Il ministro dei Trasporti interviene ancora una volta in soccorso della compagnia lanciando l'idea che lo Stato possa intervenire per “esternalizzare alcuni servizi e ricollocare sul territorio le professionalità presenti in azienda". Un modo per ridurre l'organico come richiesto da Etihad e traghettare il vettore italiano tra le braccia degli arabi prima che si renda necessario un altro aumento di capitale. Ora i sindacati potrebbero archiviare il confronto con l'azienda e andare direttamente al tavolo con l'esecutivo
Mentre Alitalia continua a “lavorare all’accordo” con le banche in vista dell’ingresso di Etihad nel capitale, il ministro Maurizio Lupi torna ancora una volta a mischiare pubblico e privato e interviene per togliere all’azienda qualche altra castagna dal fuoco. Stavolta il governo, che l’anno scorso sempre per intercessione di Lupi salvò la compagnia facendo scendere in campo le Poste, si trasformerà in agenzia di “ricollocamento” per i 2.251 dipendenti in esubero. Cioè il nodo sul quale la trattativa tra sindacati e vertici aziendali si è arenata prima ancora di entrare nel vivo. Ora il tempo stringe. Occorre traghettare il vettore italiano tra le braccia degli arabi prima che si renda indispensabile un aumento di capitale. La deadline per arrivare a un accordo rimane quella del 15 luglio ed è urgente capire come gestire quelle “eccedenze” per consentire di far partire la nuova “Alihad” con un organico di 11.470 dipendenti rispetto agli attuali 13.721. Gli emiratini non vogliono saperne di cassa integrazione a rotazione e contratti di solidarietà, perché per loro quei lavoratori sono definitivamente fuori dal perimetro aziendale.
Così Lupi, durante un vertice a tre con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e l’amministratore delegato della compagnia Gabriele Del Torchio, si è fatto venire un’idea: ci penserà il governo a ricollocare piloti e personale di terra. Il governo, ha fatto sapere, sta valutando “l’esternalizzazione” di alcuni servizi e la “ricollocazione sul territorio delle professionalità presenti in azienda”. “In Alitalia – ha spiegato – ci sono professionalità ed esperienze che non possono essere escluse e stiamo valutando quali siano gli strumenti per mantenerle”. Come ricordano fonti sindacali, l’opzione di possibili “outsourcing” era stata prospettata già nel corso dell’incontro che si è svolto due settimane fa tra governo e sindacati. In particolare, i sistemi informatici della compagnia potrebbero essere ricollocati alle Poste, chiamate quindi di nuovo in causa dopo l’esborso di 75 milioni richiesto nel 2013.
Nell’incontro tra azienda e sindacati sul personale navigante della settimana scorsa, invece, una delle ipotesi discusse è stata quella di un possibile trasferimento in Etihad di alcuni dei 149 piloti Alitalia in esubero a causa della messa a terra di 14 aerei di medio raggio. Ma, anche in questo caso, il ‘trasloco’ ad Abu Dhabi si prospetta come una soluzione parziale del problema. I piloti interessati, dopo aver superato le selezioni, dovrebbero licenziarsi o mettersi in aspettativa. Inoltre la durata dei contratti non sarebbe superiore ai due o tre anni. Per mercoledì prossimo, comunque, Lupi ha annunciato un nuovo incontro con i sindacati. A questo punto, secondo le organizzazioni sindacali, il confronto con l’azienda potrebbe essere del tutto archiviato. Per concentrare tutte le energie sul tavolo con l’esecutivo.
Ma c’è un’altra partita ancora da chiudere, quella della trattativa sul debito di 560 milioni con le banche finanziatrici UniCredit, Intesa Sanpaolo, Mps e Popolare di Sondrio. Il lavoro prosegue ma sui tempi di chiusura dell’operazione nessuno si sbilancia. E, sullo sfondo, c’è sempre Bruxelles, dove l’allerta sul dossier Alitalia-Etihad è massima. Ma, ha detto oggi Lupi, “l’Unione europea deve stare tranquilla perchè l’Italia rispetta tutte le norme sul trasporto aereo”. Garantendo che “non ci sono aiuti di Stato e non c’è motivo di preoccupazione”.