Il particolare, che potrebbe aggravare la posizione di Massimo Bossetti, emerge dall'analisi del professor Fabio Buzzi, Responsabile dell’Unità operativa di Medicina dell’Università di Pavia, che verrà consegnata in Procura. Agli inquirenti bergamaschi però questi risultati "non risultano"
“Le tracce di Dna trovate sui vestiti di Yara Gambirasio coincidono con i peli e i capelli raccolti sopra e intorno al suo corpo”. E quel Dna, secondo gli investigatori, appartiene a Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello che dal 16 giugno scorso si trova in carcere a Bergamo con l’accusa di aver ucciso la 13enne di Brembate di Sopra. Il nuovo elemento, che potrebbe aggravare ulteriormente la posizione dell’unico indagato, emerge dall’analisi del professor Fabio Buzzi, consulente della Procura e Responsabile dell’Unità operativa di Medicina legale e Scienze Forensi dell’Università di Pavia, intervistato dalla trasmissione di Mediaset “Segreti e delitti”.
Il suo dipartimento è stato incaricato dalla Procura di Bergamo di analizzare i reperti piliferi (peli e capelli) trovati sopra e intorno al corpo della ragazza uccisa il 26 novembre 2010 e ritrovata nel campo di Chignolo d’Isola il 26 febbraio 2011. La relazione ufficiale sarà depositata a breve alla Procura della Repubblica. “Questo dà maggior forza ovviamente a chi dovrà poi procedere all’identificazione personale che a noi non riguarda, nel senso di individuare nome, cognome eccetera”, ha spiegato il professor Buzzi. “Perché l’aver trovato tracce di materiale biologico addosso agli indumenti di Yara – ha proseguito nell’intervista – oltre che formazioni pilifere apposte sugli indumenti, è chiaro che dà una forza evidentemente, intuitivamente maggiore a questi due riscontri”.
Alla domanda se si tratti di peli o capelli il professore risponde: “Noi non facciamo delle distinzioni”. Il medico legale però non ha nessun dubbio sul fatto che i peli e i capelli di Ignoto 1 fossero sul corpo di Yara. “Esattamente – ha risposto Buzzi – E questo rafforza l’altra indagine condotta collateralmente sulle cosiddette macchie, sul materiale biologico invece apposto, assorbito dagli indumenti”. Gli inquirenti bergamaschi però hanno dichiarato che a loro “non risultano” dei risultati sulla comparazione di peli ritrovati sul corpo di Yara riconducibili al muratore di Mapello.
Intanto Bossetti ha incontrato per la prima volta in carcere la moglie Marita Comi, che lo ha supplicato di fare chiarezza proprio sulle tracce di Dna trovate sul corpo della ragazza. Mentre sul fronte delle indagini, martedì nei laboratori del Ris di Parma e davanti ai consulenti della difesa, nominati dagli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni e quello della famiglia di Yara, Giorgio Portera verranno effettuati nuovi rilievi sui mezzi utilizzati dal 44enne. Bisogna compiere ulteriori analisi sulla vettura Volvo, ma soprattutto sul suo autocarro cassonato Iveco Daily, posti sotto sequestro.
A finire sotto la lente di ingrandimento degli investigatori è proprio l’autocarro del muratore, che hanno tracciato una sorta di identikit del veicolo. Perché pur essendo un mezzo comune in queste zone della Bergamasca, quello di Bossetti, secondo gli investigatori del Ros dei carabinieri, ha una caratteristica che lo rende unico e che rappresenterebbe un’altra prova regina oltre alle tracce di Dna. Di cosa si tratti resta un aspetto che i carabinieri mantengono segreto. “E’ come fosse il suo Dna”, spiega un investigatore a ifattoquotidiano.it.