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Juncker, le “larghe intese” in Europa per fare quadrato contro gli euroscettici

Con la nomina di Juncker alla presidenza della Commissione europea, destra e sinistra dovranno votare insieme al Parlamento europeo. Contrarie solo Regno Unito e Ungheria, la prima perché Juncker è un “federalista europeo” e la seconda per motivi nazionali. Passo in avanti per una più forte un'unione politica ma freno sulla lotta all'austerity

L’indicazione di Jean-Claude Juncker per la Presidenza della Commissione europea rappresenta il primo esperimento concreto di Grosse Koalition europea, ovvero di “larghe intese” tra popolari e socialisti. Ventisei leader europei, tra cui tutti quelli di centrosinistra, hanno appoggiato Juncker. Contrari solo Viktor Orban (popolare) e David Cameron (conservatore). Juncker raccoglie così i frutti dell’investitura fattagli direttamente dal suo concorrente principale, il tedesco socialista Martin Schulz, all’indomani delle elezioni europee, quando aveva riconosciuto il successo elettorale dell’avversario. Adesso l’indicazione del lussemburghese deve essere approvata dal Parlamento europeo nella plenaria di metà luglio a maggioranza assoluta. Anche in quell’occasione, popolari e socialisti dovranno votare insieme per superare l’opposizione di conservatori ed euroscettici.

Popolari e socialisti uniti su Juncker – Ufficialmente l’appoggio socialista al candidato del Ppe è arrivato solo dopo l’approvazione di un pacchetto di misure tra cui una maggiore flessibilità sul patto di bilancio, come sottolineato in più occasioni dal premier italiano Matteo Renzi. Ma la proposta del lussemburghese da parte del Consiglio europeo si iscrive anche in un più ampio valzer di nomine che dovranno essere rinnovate nei mesi prossimi: ai socialisti dovrebbe andare l’Alto Rappresentante per la politica estera Ueprobabilmente all’italiana Federica Mogherini – e la Presidenza del Consiglio europeo – in pole position la Premier danese Helle Thorning­ Schmidt, socialista ma non troppo. Sempre i socialisti inizieranno i primi due anni e mezzo alla Presidenza del Parlamento europeo con il confermato Martin Schulz, al quale seguirà, come da prassi, un popolare per la seconda parte del quinquennio di legislatura. I popolari, oltre alla Presidenza della Commissione europea, prenotano il Commissario agli Affari monetari con il finlandese Jyrki Katainen, e cercheranno di aggiudicarsi l’Eurogruppo con il ministro delle finanze spagnolo Luis de Guindos.

Prove di Grosse Koalition contro gli euroscettici – Il fronte comune di popolari e socialisti al Consiglio europeo, e verosimilmente anche al Parlamento europeo a metà luglio, rappresenta il primo esperimento di coalizione in chiave anti euroscettici. Inevitabile il no a Juncker al Parlamento da parte dei conservatori dell’Ecr e del gruppo Efd (formato da Ukip e M5S) nonché della Sinistra unita, non euroscettica ma che vede nel candidato popolare il simbolo dell’austerity. La stessa coalizione sarà indispensabile per la conferma di Martin Schulz alla testa dell’Europarlamento una settimana prima. L’indicazione di Juncker alla Commissione diventa in questo modo, non tanto la vittoria di destra o sinistra, quanto di un’Unione europea più forte e unita politicamente proprio contro le derive euroscettiche in aumento dopo le elezioni di maggio.

I contrari: Regno Unito e Ungheria – Solo Londra e Budapest si sono opposte a Juncker. Nonostante l’appartenenza alla stessa famiglia politica europea, il Ppe, Viktor Orban non ha rinunciato al suo voto contrario vista l’ostilità “nazionale” nei confronti del lussemburghese: quasi una sorta di ripicca nei confronti della sua connazionale, l’attuale Commissaria Ue alla Giustizia Viviane Reding, dura a condannare le violazioni alle libertà civili e l’attacco all’indipendenza della stampa e della banca centrale da parte del governo di Orban. Diverso il discorso per Londra. Cameron vede in Juncker un candidato troppo “federalista” in senso europeo, un ostacolo insormontabile per portare a casa quelle riforme promesse ai propri cittadini – ed elettori viste le imminenti elezioni nazionali del 2015 – in termini di rimpatrio di poteri e competenze da Bruxelles. Già nei giorni scorsi, invece, la Svezia e i Paesi Bassi avevano fatto un passo indietro nella loro contrarietà a Juncker, molto probabilmente per non mettersi di traverso all’amica Angela Merkel con la quale condividono molte posizioni, soprattutto sulla disciplina fiscale.

Si accelera sull’unità politica, si frena nella lotta all’austerity Juncker non ha mai negato le sue simpatie per la “federazione europea” e, in qualità di presidente dell’Eurogruppo fino al gennaio 2013, ha più volte criticato alcuni i capi di Stato e di governo e bollato alcune pretese britanniche come “meschine e sordide”. La sua visione federalista gli è valsa nel 2006 il prestigioso premio Charlemagne per l’unificazione europea. Ma il suo spiccato slancio europeista non va alla pari con la lotta all’austerità chiesta da sempre più governi e politici anche a Bruxelles. In campagna elettorale ha più volte frenato di fronte alla possibilità di allentare le misure di bilancio e ribadito il no agli eurobond. Non a caso, al Ppe era il candidato di Angela Merkel.

Chi è Jean­ Claude Juncker – Nato a 60 anni fa, Juncker è cattolico e democristiano. È stato primo ministro del Lussemburgo dal 1995 al dicembre 2013 e primo presidente dell’Eurogruppo dal 2005 al gennaio 2013. A fine 2013 si è dimesso da Premier del Lussemburgo in seguito a uno scandalo sulle irregolarità dei servizi segreti sul quale non aveva vigilato abbastanza. Nella sua vita ha collezionato onorificenze e titoli, tra cui quello di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito da parte di Giorgio Napolitano (2007). Fumatore incallito e amante di vini, è stato recentemente attaccato dalla stampa britannica per supposti “problemi di alcol”.

@AlessioPisano