Il primo cittadino di Venezia finito ai domiciliari per finanziamento illecito aveva patteggiato con la procura quattro mesi di reclusione e 15 mila euro di multa. Ma secondo il giudice "la pena è incongrua rispetto alla gravità dei fatti". Pm: "Sarebbe stata preferibile una pena certa oggi, piuttosto che rischiare la prescrizione"
Respinta dal gup la richiesta di patteggiamento avanzata dal sindaco di Venezia Giorgio Orsoni coinvolto nello scandalo Mose. Il primo cittadino, che poi si è dimesso, aveva concordato con la procura quattro mesi di reclusione e 15 mila euro di multa, ma secondo il giudice per l’udienza preliminare, Massimo Vicinanza, “la pena è incongrua rispetto alla gravità dei fatti”. Ed ha tenuto conto “dell’atteggiamento processuale dell’indagato e del venir meno della carica che egli ricopriva quando è stata adottata la misura cautelare”, non può non essere notato “che le condotte da lui tenute sono molto gravi”.
Durante l’udienza preliminare Orsoni non era presente in aula, ha appreso della decisione del gup dal proprio legale di fiducia Daniele Grasso. “Non so ora da dove si parte” ha detto l’avvocato all’uscita dal tribunale. “Prenderemo le decisioni da assumere assieme al mio assistito – ha aggiunto -, non è questo il momento per parlare del futuro. Ci sono comunque le condizioni per affrontare un processo; il patteggiamento ormai non esiste più”.
Per quanto riguarda i pubblici ministeri che hanno coordinato l’inchiesta, sarebbe stata preferibile “una pena certa oggi, anche se minima, piuttosto che una pena più pesante alla quale probabilmente non si sarebbe mai arrivati considerato il rischio di prescrizione del reato”.
Secondo l’accusa l’avvocato che sconfisse Renato Brunetta alle elezioni comunali del 2010 aveva ricevuto “tra i 400-500 mila euro” per la sua campagna elettorale. E per gli inquirenti sarebbe stato consapevole che i soldi che arrivavano sui conti correnti del comitato elettorale erano fondi creati grazie a false fatturazioni. Ad accusare il sindaco di Venezia era stato Giovanni Mazzacurati, il presidente del Consorzio Venezia Nuova che gestisce i lavori relativi all’opera. L’imprenditore in un interrogatorio aveva detto ai pm: “…Poi abbiamo avuto Orsoni. A Orsoni abbiamo finanziato la campagna elettorale” del 2010. L’ex presidente di Cvn ai magistrati ha raccontato anche che, almeno in una occasione, ha portato i soldi in una busta al primo cittadino.
Orsoni aveva bollato l’accusatore come “un millantatore”. “L’ho incontrato più volte – ha spiegato -, insistentemente voleva parlarmi dei problemi della città, del Mose e soprattutto dell’Arsenale. Con Mazzacurati ho avuto uno scontro duro e forse c’è stata qualche vendetta nei miei confronti”. Il primo cittadino il 13 giugno, dopo la revoca degli arresti domiciliari e le polemiche per il suo ritorno in Comune, aveva presentato le sue dimissioni con una lettera.