Proprio un anno fa usciva nel web lo spot Io me ne curo, e tu?: in meno di un minuto alcune professioniste della rete di giornaliste “Giulia” affermavano che si fa violenza un’altra volta se si imposta un articolo o un pezzo tv usando espressioni come ‘delitto passionale’, o si sottolinea che la donna era vestita in modo provocante, o se si insinua che, se è morta, se è stata aggredita o violentata, “in fondo se l’è cercata”.
Le parole, scandiscono le giornaliste di Giulia nello spot, non sono neutre. L’informazione consapevole comincia da chi la fa. Io me ne curo e tu? Chiedono alle altre e agli altri che stanno nelle redazioni.Per la prima volta nella storia del giornalismo italiano delle persone addette ai lavori non si rivolgevano alla società in modo generico, ma in specifico alle colleghe e colleghi, in una chiamata collettiva per agire con più attenzione verso gli stereotipi sessisti. Ad un anno da quell’evento ecco un nuovo contributo, questa volta non web: si tratta del manuale Donne, grammatica e media, pensato per colmare una lacuna importante nell’uso che in generale l’informazione fa della lingua italiana. Ripartendo dalle regole della grammatica. Il manuale contiene alcune importanti proposte operative, utili a far superare dubbi e perplessità circa l’adozione del genere femminile per i nomi professionali e istituzionali ‘alti’, suggerendo soluzioni di facile applicazione e di ‘buon senso’, per usare le parole dell’autrice Cecilia Robustelli, docente di Linguistica Italiana all’Università di Modena e Reggio Emilia, collaboratrice dell’Accademia della Crusca sui temi del genere e della politica linguistica italiana in Europa.
Una guida, quindi, consultabile da chiunque, ma pensata soprattutto per giornaliste e giornalisti. Affinché l’informazione riconosca, rifletta e rispetti le differenze, a partire da un uso corretto del linguaggio. C’è una richiesta forte, sostiene la rete Giulia, che dalla società sale verso l’informazione: aiutare il cambiamento culturale per fare dell’Italia un paese per donne e per uomini. La cultura cambia e la lingua, soprattutto, evolve, come spiega Nicoletta Maraschio, presidente onoraria dell’Accademia della Crusca nella sua prefazione. Il rischio per la nostra lingua è di continuare a trasmettere una visione del mondo superata, densa di pregiudizi verso le donne e fonte di ambiguità e insicurezze grammaticali e semantiche. Recentemente anche l’Accademia della Crusca si è pronunciata in tal senso e vi ha dedicato numerosi interventi. Perché il femminile esiste, basta usarlo. Con buona pace di chi pensa che ‘architetta’ suona male, e ‘che bisogno c’è di scrivere uomini e donne, se uomo è il neutro universale’.