Quest'anno Gianni Nerini, l'ideatore del festival, ha scovato una band culto della scena garage rock californiana, The Standells. La loro hit "Dirty Water", inclusa tra l'altro nella raccolta di single "Nuggets" in doppio lp, uscì nel 1965 ed entrò nel '66 entrò nelle classifiche delle riviste Cash Box
L’attesa assomiglia a quello sfrigolio caratteristico che accompagna i dischi di vinile prima che parta una canzone, quando c’è curiosità e voglia di tenere lo swing del pezzo facendo schioccare le dita. Nello stesso mood gli appassionati della musica garage rock aspettano il festival beat di Salsomaggiore, la cittadina emiliana che ogni estate diventa la capitale italiana del Sixties sound. Dal 2 al 6 luglio si tiene la 22ª edizione di un evento che ha travalicato i confini del classico raduno da nostalgici del rock per diventare un fenomeno sociale e di costume.
Quest’anno Gianni Nerini, l’ideatore del festival, ha scovato una band culto della scena garage rock californiana, The Standells. La loro hit “Dirty Water”, inclusa tra l’altro nella raccolta di single “Nuggets” in doppio lp, uscì nel 1965 con l’etichetta Tower, una controllata della Capitol Records, poi nel ’66 entrò nelle classifiche delle riviste Cash Box, dove ha raggiunto l’ottava posizione, e Billboard, attestandosi all’undicesima. In quei due anni a livello musicale stava cambiando il mondo del rock. Ottimo è il quadro che ne tratteggia Patrick Humphries nella sua biografia su Nick Drake: “Fu allora che Bob Dylan diede un calcio allo sgabello e appese al chiodo il folk, ‘diventando elettrico’ in “Bringing it all back home” e “Highway 61 revisited”. I Rolling Stones, gli Who, Simon & Garfunkel, i Kinks, Manfred Mann, i Byrds, gli Animals, gli Small Faces e gli Yardbirds stavano portando il pop in una nuova, eccitante direzione. Phil Spector superò se stesso con la wagneriana “You’ve lost that lovin’ feeling”; la Tamla Motown di Berry Gordy produceva una striscia continua di hit e la politica e il pop cominciavano a fondersi”.
Testimonianza di un’inevitabile collisione tra la sfera pubblica ufficiale e la controcultura della seconda metà degli anni Sessanta sono le “Sunset Strip curfew riots”, note anche come le “rivolte hippie”, una serie di scontri tra la polizia e i giovani avvenuti dall’estate del 1966 fino ai primi anni ’70, in quella parte del Sunset Boulevard che attraversa west Hollywood. I residenti della zona infastiditi avevano incoraggiato il passaggio di leggi severe che fissavano il coprifuoco alle dieci di sera. Chiaro obiettivo era preservare il quieto vivere, cercando di rinchiudere nelle loro case folle di giovani che volevano divertirsi, trascorrendo la notte da un club all’altro. Sabato 12 novembre 1966 scesero almeno mille manifestanti per strada, tra cui Jack Nicholson e Peter Fonda, che venne ammanettato dalla polizia. A raccontare le sommosse, in un tono un po’ buonista, non privo di retorica, è il film low-budget “Riot on Sunset Strip” (1967), dove compaiono The Chocolate watch band e soprattutto The Standells, il cui chitarrista Tony Valentino (al secolo Emilio Bellissimo) ha composto, assieme a John Fleck, la canzone omonima. La pellicola è un classico exploitation movie, che unisce al retroterra socio-politico una serie di cliches studiati ad hoc per colpire un pubblico di tardo adolescenti. La sottotrama ruota infatti attorno a una giovane ragazza, interpretata dalla bionda Mimsy Farmer, e al suo travagliato rapporto con i genitori divorziati. L’esperienza con la Lsd e lo stupro di gruppo subìto trovano una loro collocazione ideologica come corollario naturale di una visione del mondo, che non prevedeva nessuna salvazione per i figli di chi recidesse i sacri vincoli del matrimonio.
Non ci sono solo i leggendari Standells al festival beat. Il calendario dell’evento rock è lungo e articolato (www.festivalbeat.net), ma vale la pena ricordare perlomeno gli spagnoli Excitements, gruppo rivelazione del soul europeo, i finlandesi Mutants, i tedeschi Vibravoid e i Dukes of Hamburg, gli svizzeri Jackets, gli scozzesi New Piccadillys. Anche l’Italia è presente allabattle of bands con Peawees e Morticia’s Lovers. Si preparino poi i collezionisti di rarità in 45 e 33 giri o chi vuole rinnovare l’armadio con capi retrò, perché nell’edizione 2014 si ripete il consueto expo vintage nell’area live di Ponteghiara. Non mancheranno inoltre feste in piscina, ingressi scontati alla terme, presentazioni di libri e aperitivi musicali nella centro città, dove da quest’anno sarà allestito anche il Vanitas market, dedicato al riciclo e alla creatività artigianale nella moda e nel design.
Vera e divertente novità del 2014 è la prima Mad Beatle boots race, ovvero una corsa sulla distanza di 250 metri con gli stivaletti alla Beatles, aperta a 10 iscritti, tra cui Luca Re degli italiani Sick Rose e Leighton Koizumi, cantante statunitense di origine giapponese dei Morlocks. ‘Gli atleti’, provati dalla dura vita da rocker, non correranno certo come Usain Bolt, ma c’è da credere che ci metteranno dell’impegno per aggiudicarsi i 150 euro in palio e avere l’onore di tagliare la torta premio con l’immancabile stivaletto in cima. Altro evento sportivo del festival è un’esibizione di tennis in doppio con racchette di legno. Abbigliamento, manco a dirlo, rigorosamente 60′s-70′s.