Nella relazione del procuratore generale Nottola la denuncia sulle aziende controllate da governo ed enti locali. Sono circa 7.500 - ma il numero è "variabile" - e hanno "forte impatto sui conti pubblici". O direttamente sulle tasche dei cittadini attraverso le tariffe. "Manca la trasparenza"
Una miriade di società che sono costate lo scorso anno solo alle casse dello Stato 26 miliardi. Sono le 7.500 partecipate pubbliche. Un terzo di queste, sottolinea il procuratore generale presso la Corte, Salvatore Nottola (nella foto), nel suo giudizio sul rendiconto generale dello Stato per il 2013, è in perdita. Si tratta di un mondo ancora poco conosciuto e poco trasparente e che necessita al più presto di “un disegno di ristrutturazione organico e complessivo”, esorta la Nottola.
Secondo l’ultima rilevazione della Corte, le partecipate sono in tutto circa 7.500: 50 dallo Stato e 5.258 dagli enti locali, cui si sommano altri 2.214 organismi di varia natura (consorzi, fondazioni ecc…). Il numero è però “variabile, in quanto le società sono soggette a frequenti modifiche dell’assetto”.
Per il loro peso finanziario e per la dimensione economica, gli enti partecipati – sottolinea Salvatore Nottola – “hanno un forte impatto sui conti pubblici, sui quali si ripercuotono i risultati della gestione, quando i costi non gravano sulla collettività, attraverso i meccanismi tariffari“. Il movimento finanziario indotto dalle società partecipate dallo Stato, costituito dai pagamenti a qualsiasi titolo erogati dai Ministeri nei loro confronti ammontava a 30,55 miliardi nel 2011, 26,11 miliardi nel 2012 e 25,93 nel 2013; il “peso” delle società strumentali sul bilancio dei Ministeri è stato di 785,9 milioni nel 2011, 844,61 milioni nel 2012 e 574,91 milioni nel 2013.
Un mondo così variegato e ricco di implicazioni “richiederebbe una assoluta trasparenza del fenomeno ma la realtà è diversa”. L’assetto delle società è mutevole e soggetto a vicende che i magistrati contabili definiscono “complesse”. “Le società partecipate dallo Stato a loro volta ‘partecipano’ ad altre 526 società”, spiega Nottola, “dette di secondo livello. Gli aspetti contabili sono spesso oscuri”
Da qui la richiesta di porre mano “a un disegno di ristrutturazione organico e complessivo, che preveda regole chiare e cogenti, forme organizzative omogenee, criteri razionali di partecipazione, imprescindibili ed effettivi controlli da parte degli enti conferenti e dia a questi ultimi la responsabilità dell’effettivo governo degli enti partecipati”.